La mancata formazione del silenzio assenso sull’istanza di autorizzazione paesaggistica è stata oggetto di chiarimenti da parte della Corte Costituzionale nelle ormai celebri sentenze nn. 155 e 160 del 2021. Tali sentenze sono state oggetto di contributi di analisi nel corso degli ultimi mesi, ad essi, pertanto, si rimanda per eventuali approfondimenti.
Analogie e differenze tra l’autorizzazione e la compatibilità paesaggistica
Il Tar Palermo nella sentenza n. 1141, emessa in data 01.04.2022, analizza il rapporto sussistente tra l’autorizzazione paesaggistica e la compatibilità paesaggistica soffermandosi, in particolare, sulla configurabilità del silenzio assenso sulla relativa istanza.
La fattispecie in commento trae origine da una nota emessa dalla Soprintendenza con la quale è stata riscontratala richiesta di compatibilità paesaggistica avanzata dal cittadino, subordinando l’accoglimento della stessa sia al pagamento di una indennità, che all’osservanza di alcune prescrizioni che riguardano, essenzialmente, la demolizione di alcune parti del prospetto e la realizzazione di alcuni muri di contenimento.
Secondo il ricorrente la nota della Soprintendenza era illegittima in quanto:
– si sarebbe formato il silenzio assenso sulla istanza di compatibilità paesaggistica e, conseguentemente, le sanzioni applicate non sarebbero configurabili al caso di specie;
– non appare sussistente nessuna ragione di pubblico interesse tale da giustificare l’emissione di sanzioni;
– il silenzio assenso si sarebbe formato anche alla luce della norma di cui all’art. 17-bis introdotto nella legge n. 241 del 1990 dall’art. 3 della legge n.124 del 2015, che disciplina la formazione del silenzio-assenso tra amministrazioni pubbliche.
Il Tar Palermo, circa la formazione del silenzio assenso sull’istanza autorizzazione e di compatibilità paesaggistica, richiamando le sentenze emesse dalla Corte Costituzionale innanzi indicate, ha precisato che:
– “Non può essere condivisa la tesi di parte ricorrente secondo cui si sarebbe formato il silenzio assenso sulla richiesta di autorizzazione paesaggistica in sanatoria, per un plurimo ordine di ragioni:
a) In primo luogo, giova ricordare che “La stessa legislazione siciliana affida poi alle soprintendenze il rilascio o il diniego dell’autorizzazione paesaggistica (art. 46, comma 1, della L.R. Siciliana 28 dicembre2004, n. 17, recante “Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2005”).
In linea con questo assetto organizzativo, la L.R. Siciliana n. 5 del 2019 ha assegnato alla “Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali” competente per territorio (art. 8,comma 1) la definizione del procedimento semplificato, con provvedimento da adottare “entro il termine tassativo di sessanta giorni dal ricevimento della domanda” (art. 8,comma 4).
L’attribuzione del potere decisorio alla soprintendenza è evidentemente incompatibile con la previa acquisizione del suo parere, il quale resta assorbito nella decisione finale. Ne consegue che il silenzio assenso previsto dalla norma regionale impugnata assume, nel descritto sistema, una valenza del tutto diversa rispetto a quanto disciplinato all’art. 11,comma 9, del D.P.R. n. 31 del 2017: non si tratta infatti, in questo caso, di silenzio assenso endoprocedimentale, destinato a essere seguito comunque da un provvedimento conclusivo espresso dell’amministrazione procedente, ma di un silenzio assenso provvedimentale, destinato a tenere luogo dell’autorizzazione paesaggistica richiesta, secondo lo schema generale dell’art. 20 della stessa L. n. 241 del 1990” (così Corte Costituzionale 22 luglio 2021, n. 160, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 6, della L.R. Siciliana n. 5 del 2019 che, nell’ipotesi di inerzia del soprintendente per più di sessanta giorni, prevede la formazione del silenzio assenso sulla domanda di autorizzazione paesaggistica).
Da tale premessa consegue che “l’esclusione del silenzio assenso per i provvedimenti in materia di tutela del paesaggio ad opera dell’art. 146 cod. beni culturali, che prevede invece, al comma 10, appositi rimedi sostitutivi nel caso di inerzia dell’amministrazione procedente. Tale esclusione si pone in linea con il principio generale stabilito all’art. 20,comma 4, della L. n. 241 del 1990, che vieta la formazione per silentium del provvedimento conclusivo nei procedimenti implicanti la tutela di “interessi sensibili”, come è testualmente confermato, d’altro canto, dal comma 9 dello stesso art. 146, là dove, nel prevedere che con norme regolamentari siano stabilite procedure autorizzatorie semplificate per gli interventi di lieve entità, tiene “ferme … le esclusioni di cui all’articolo 20, comma 4della L. 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni”.
b) In secondo luogo, va ribadito che il comma 2 dell’art. 46 della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2004, n. 17 è stato abrogato a partire dal 26 aprile2011, a seguito dell’entrata in vigore della legge reg. n. 5 del 2011 che, con l’art. 7, comma 1, ha modificato l’art. 23 della legge reg. n. 10 del 1991, di recepimento della legge n. 241 del 1990, nel senso di rendere applicabile nella Regione Siciliana l’art. 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990 il quale esclude il silenzio-assenso nei «procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico» (in tal senso Corte Costituzionale n. 155 del 2021;TAR Sicilia, Palermo, II, 12 aprile 2021, n. 1190; id. 29 gennaio 2019, n. 230 ).
In ogni caso, nella fattispecie in esame la nota della Soprintendenza è stata resa su istanza di parte al fine di ottenere l’accertamento “in sanatoria” di opere già realizzate in difformità dell’autorizzazione paesaggistica, per le quali non è mai stato applicabile il meccanismo del silenzio assenso di cui all’art. 46 della l.r. 17/2004, che riguardava esclusivamente “le autorizzazioni ad eseguire opere in zone soggette a vincolo paesistico…” e non le richieste in sanatoria(cfr., tra le tante: C.G.A., 14 giugno 2019, n. 551; TAR Sicilia – Catania, Sez. III, 25 gennaio 2021, n. 222).
Alla luce di quanto affermato è evidente che l’istituto del silenzio assenso non opera dal 2011 sulle istanze di autorizzazione paesaggistica e non ha mai operato sulle istanze di compatibilità, ossia per quelle volte al mantenimento delle opere realizzate in assenza di autorizzazione preventiva.
Analisi dell’art. 17-bis della l. 241/1990
Infine, il Tar Palermo si sofferma sull’articolo innanzi indicato precisando che, nel caso di specie, non trova applicazione l’invocato art. 17-bis “Effetti del silenzio e dell’inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici” all’ipotesi del rilascio di autorizzazione paesaggistica, con particolare riferimento all’ipotesi di silenzio della Soprintendenza chiamata all’emissione del parere obbligatorio e vincolante. In tal senso milita l’ulteriore considerazione della giurisprudenza secondo la quale il modulo dell’art. 17 bis non si applica ove la richiesta non provenga dall’amministrazione procedente, ma dal privato destinatario dell’atto, configurandosi un rapporto verticale tra privato e l’amministrazione, soggetto all’applicazione dell’art. 20 della legge n. 241 del 1990 (cfr. Cons. Stato, IV, 27luglio 2020, n. 4765).
Il contenuto e la motivazione del parere negativo emesso dalla Soprintendenza
Il parere riguardante la compatibilità paesaggistica costituisce espressione di discrezionalità tecnica e, dunque, non è sindacabile nel merito se non nei ristretti limiti dell’irragionevolezza e/o dell’illogicità manifeste, del travisamento dei fatti e della carenza di motivazione (Cons. St., II, 15 settembre 2020, n. 5451). Esso ha, in modo condivisibile, chiarito che “nei pareri negativi di compatibilità paesaggistica l’onere motivazionale è ben assolto con l’individuazione, nel bene abusivo, di caratteristiche che oggettivamente ne impediscano il corretto inserimento nell’area oggetto di specifica tutela” e ciò anche quando siano utilizzate “formule stringate o usuali di diniego”, “pertanto tale parere può esser sinteticamente motivato nel riferimento alla descrizione delle opere e alle concrete circostanze nelle quali le stesso sono collocate, essendo la tutela del paesaggio valore costituzionale primario tant’è che in questi casi (cfr. Cons. St., VI, 16maggio 2015 n. 2915; id., 7 novembre 2018 n. 6276), la giurisprudenza amministrativa, anche della Sezione, è consolidata, ove parli dell’estensione e dei termini motivazionali circa la valutazione della compatibilità delle opere edilizie realizzate, dando prevalenza ai valori paesaggistici tutelati, quando non vi siano evidenti errori in fatto o travisamento di oggetto e funzione della tutela e siano rivelati e chiari gli estremi logici dell’incompatibilità (cfr. Cons.St., IV, 24 febbraio 2017 n. 882; id., 18 agosto 2017 n. 4032)… parimenti comprensibile è la ragione per cui non si configura un obbligo di dissenso costruttivo… alfine di riportare a compatibilità paesaggistica il bene condonando, poiché tal istituto, a differenza dei casi in cui non v’è abuso consumato e si debba valutare un progetto ancora da assentire – per cui l’istituto stesso è ineludibile per ragioni di buona fede …. -, è invece inapplicabile ai casi di sanatoria, ove l’attività costruttiva è già definita (fermo restando che, al di là di opere conservative, il bene sanando è immodificabile) e la valutazione di compatibilità paesaggistica dev’esser condotta con riguardo al tempo del commesso abuso ed in base all’esatta dimensione del bene che si vuole condonare” (Cons. Stato, VI, 24maggio 2021, n. 4006).
Avv. Antonino Cannizzo
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