Condono ai sensi della l. n. 724/1994: la sentenza di condanna per il reato ex art. 416-bis c.p. determina il suo rigetto?

Foto di Emilia Machì

Riferimento normativo

Ai sensi dell’art. 39, c. 1, l. n. 724/1994: “Il procedimento di sanatoria degli abusi edilizi posti in essere dalla persona imputata di uno dei delitti di cui agli articoli 416 bis, 648 bis e 648 ter del codice penale, o da terzi per suo conto, è sospeso fino alla sentenza definitiva di non luogo a procedere o di proscioglimento o di assoluzione. Non può essere conseguita la concessione in sanatoria degli abusi edilizi se interviene sentenza definitiva di condanna per i delitti sopra indicati”.

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che “la citata disposizione è stata introdotta nell’ordinamento per evitare che potessero godere degli effetti sananti le opere edilizie ricollegabili anche indirettamente a iniziative assunte in contesti imprenditoriali vicini agli ambienti mafiosi, prescindendo dall’accertamento della riconducibilità dell’attività edilizia al disegno criminoso posto in essere.” (Tar Palermo sent. 3111 del 07.11.2022)

Esclusione dal condono per i condannati

È evidente, quindi, che con tale norma non è stata introdotta una sanzione accessoria a carico del condannato, ma uno strumento consistente nella esclusione dalla condonabilità (istituto di per sé di carattere eccezionale) dell’immobile e, quindi, dalla commerciabilità, con la finalità evidente di combattere il fenomeno mafioso in tutte le sue manifestazioni aventi rilevanza economica.

L’interpretazione della norma in commento non suscita particolari perplessità se l’istanza di condono è stata presentata da un soggetto successivamente condannato.

Erede del condannato

Una delle questioni problematiche attiene, invece, alla condonabilità di opere realizzate da parte del figlio/a di un soggetto condannato, appunto, per il reato di cui all’art. 416-bis del codice penale (associazione di tipo mafioso).

Nella sentenza in commento (sent. 3111 del 07.11.2022), il Tar Palermo si sofferma su tale questione precisando che il rigetto dell’istanza di condono presentata dal figlio/a di un soggetto condannato per il reato innanzi indicato può avvenire a condizione che il Comune accerti che “l’abuso commesso abbia avuto un’utilità, ancorché riflessa, per -OMISSIS- (soggetto condannato).

Nel caso in esame, “la documentazione notarile e ipo-catastale depositata da parte ricorrente (figlia) sembra smentire tale assunto (immobile realizzato dal padre condannato), riconducendo il fabbricato oggetto di condono alla sua esclusiva titolarità”.

Conclusioni

Il citato art. 39, con la massima chiarezza, ritiene ostativo il rilascio del condono per i condannati per il reato di cui all’art. 416-bis c.p. anche nel caso di abusi edilizi commessi da «terzi per suo conto», ma l’amministrazione non ha in alcun modo provato e puntualmente allegato che l’abuso commesso abbia avuto un’utilità, ancorché riflessa, per -OMISSIS- (soggetto condannato). Per tale ragione, il Tar ha annullato i provvedimenti emessi dal Comune.

Avv. Antonino Cannizzo


Antonio Cannizzo

Di Antonio Cannizzo

Nasce a Palermo nel 1987 e dopo la maturità Classica si laurea nel 2014 presso l’università degli studi di Palermo, presentando una tesi dal titolo “Le misure precautelari minorili”. Abilitato all’esercizio della professione di Avvocato è regolarmente iscritto all’Albo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Termini Imerese ed è Titolare di uno Studio Legale in Bagheria. Nel 2020, insieme all'Avv. Fiasconaro, fonda il blog "Urbanistica in Sicilia". Nel 2021 consegue un master di 1° livello in diritto processuale amministrativo discutendo una tesi dal titolo "Danno da affidamento procedimentale e i profili di giurisdizione".