Condono edilizio e agibilità

Il presente contributo ha ad oggetto la questione problematica relativa alla sussistenza, o meno, di una automatica corrispondenza tra l’accoglimento della domanda di condono e l’agibilità dell’edificio.

Il tema in commento è stato oggetto di un recente pronunciamento del Consiglio di Stato (sentenza del 26 marzo 2021n. 2575).

La questione delineata, secondo il Consiglio di Stato, si basa sull’interpretazione dell’art. 35, comma 20, della l. n. 47/1985, il quale prevede che “a seguito della concessione o autorizzazione in sanatoria viene altresì rilasciato il certificato di abitabilità o agibilità anche in deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari, qualora le opere sanate non contrastino con le disposizioni vigenti in materia di sicurezza statica, attestata dal certificato di idoneità di cui alla lettera b) del terzo comma e di prevenzione degli incendi e degli infortuni”.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato, nell’interpretare la citata previsione normativa, ha avuto modo di affermare che il rilascio del certificato di abitabilità di un fabbricato, conseguente al condono edilizio, può legittimamente avvenire in deroga solo ad autonome e autosufficienti disposizioni regolamentari e non anche quando siano carenti condizioni di salubrità richieste invece da fonti normative di livello primario.

Infatti, secondo il Consiglio di Stato, la disciplina del condono edilizio, per il suo carattere eccezionale e derogatorio, non è suscettibile di interpretazioni estensive e, soprattutto, tali da incidere sul fondamentale principio della tutela della salute, con evidenti riflessi sul piano della legittimità costituzionale (v. Cons. Stato, Sez. II, n. 8289/2020; Cons. Stato, Sez. VI, n. 8502/2019).

La questione era già stata oggetto di chiarimenti da parte della Corte Costituzionale la quale, nella sentenza n. 256 del 1996, aveva affermato che la deroga introdotta dall’art. 35, co. 20 della l. 47/1985 non riguarda i requisiti richiesti da disposizioni legislative e deve, pertanto, “escludersi una automaticità assoluta nel rilascio del certificato di abitabilità [….] a seguito di concessione in sanatoria, dovendo invece il Comune verificare che al momento del rilascio del certificato di abitabilità siano osservate non solo le disposizioni di cui all’art. 221 T.U. delle leggi sanitarie (rectius, di cui all’art. 4 del d.P.R. n. 425/94), ma, altresì quelle previste da altre disposizioni di legge in materia di abitabilità e servizi essenziali relativi e rispettiva normativa tecnica”, e che “permangono, infatti, in capo ai Comuni tutti gli obblighi inerenti alla verifica delle condizioni igienico-sanitarie per l’abitabilità degli edifici, con l’unica possibile deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari”.

Dunque, non si può affermare l’art. 35, co. 20, l. n. 47/1985 contenga una deroga generale e indiscriminata alle norme che presidiano i requisiti di abitabilità degli edifici.

Infatti, non vi è dubbio che la legge n. 47/1985, all’art. 35, intende contemperare valori tutti costituzionalmente garantiti, quali, tra gli altri, da un lato il diritto alla salute e, dall’altro, il diritto all’abitazione.

Per tale ragione, secondo il Consiglio di Stato, “una interpretazione che validi una deroga generale e indiscriminata alla normativa a tutela della salute si porrebbe, dunque, in contrasto non solo con l’art. 32 Cost., ma anche con quelle stesse esigenze di contemperamento tra diversi valori costituzionali, sottese all’impianto normativo della legge n. 47/1985.

Ne deriva che, mentre potrebbero essere al più derogate disposizioni regolamentari non integrative di precetti della normazione primaria, non possono esserlo disposizioni di natura primaria, in quanto, rispetto ad esse, la deroga di cui all’art. 35, comma 20, della legge n. 47/1985 non è ammessa.

In conclusione, può affermarsi che è esclusa la configurabilità di un’automatica corrispondenza tra condono ed abitabilità.

Del resto, una diversa interpretazione che giungesse a sostenere la derogabilità dei requisiti minimi di salubrità, per il sol fatto di essere fissati con norma formalmente regolamentare, si porrebbe sicuramente in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., oltre che con l’art. 32 Cost.

Antonio Cannizzo

Di Antonio Cannizzo

Nasce a Palermo nel 1987 e dopo la maturità Classica si laurea nel 2014 presso l’università degli studi di Palermo, presentando una tesi dal titolo “Le misure precautelari minorili”. Abilitato all’esercizio della professione di Avvocato è regolarmente iscritto all’Albo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Termini Imerese ed è Titolare di uno Studio Legale in Bagheria. Nel 2020, insieme all'Avv. Fiasconaro, fonda il blog "Urbanistica in Sicilia". Nel 2021 consegue un master di 1° livello in diritto processuale amministrativo discutendo una tesi dal titolo "Danno da affidamento procedimentale e i profili di giurisdizione".