Danno da mero ritardo per attività imprenditoriali: quali i criteri per l’accoglimento della domanda ?

Foto di Emilia Machì

Una società operante nell’ambito delle energie rinnovabili, aveva chiesto l’autorizzazione per la installazione di un impianto minieolico di potenza pari a 50Kw; il Comune (alla fine di un procedimento durato alcuni anni) non aveva definito l’istanza in modo positivo per la asserita carenza di alcuni documenti ritenuti necessari.

Veniva proposto ricorso al Tar a fini esclusivamente risarcitori, lamentando la estrema lentezza del Comune nella gestione della procedura, che aveva comportato la perdita delle tariffe incentivanti, sulla base della successiva evoluzione normativa.

Il ricorso è stato rigettato dal Tar Palermo (sentenza n. 2428 del 2022).

I Giudici hanno rilevati che la ricorrente aveva denunciato il pregiudizio discendente dal mancato accesso alle tariffe incentivanti (oggetto del d.m. 6 luglio 2012) ma non aveva specificato né dimostrato il rapporto inferenziale tra il ritardo asseritamente imputabile all’Amministrazione e la scansione procedimentale prevista da quel d.m. (il quale prevedeva scadenze diverse in ragione dei diversi periodi di attivazione dell’impianto); la domanda di risarcimento è stata così qualificata come generica.

Ma l’aspetto più interessante della pronuncia (riferita a soggetti che esercitano attività imprenditoriale) sta nella fissazione di tre principi che disciplinano la risarcibilità del c.d. danno da mero ritardo (il pregiudizio che deriva dal solo fatto che l’Ente Pubblico ha definito con grave ritardo il procedimento, indipendentemente dall’esito finale):

a) il risarcimento del danno da ritardo, relativo ad un interesse legittimo pretensivo, non può essere avulso da una valutazione concernente la spettanza del bene della vita e deve, quindi, essere subordinato, tra l’altro, alla dimostrazione che l’aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole, ovvero alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene sostanziale della vita collegato a un tale interesse.

b) per considerare lesa l’aspirazione dell’imprenditore di ottenere il bene della vita (unica condizione per ottenere il risarcimento del danno richiesto) si deve raggiungere la prova che la ferma volontà di edificare l’impianto (pur rischiando un investimento in perdita, laddove le incentivazioni non fossero state concesse) fosse supportata da una serie di dati (esemplificativamente: presenza di capitali propri sufficienti, accesso a linee di credito bancarie, ovvero presenza di un gruppo imprenditoriale che avesse accettato di finanziare la costruzione, etc.) che rendessero perlomeno plausibile detta ipotesi.

c) nell’ordinaria diligenza (che deve dimostrare il soggetto asseritamente danneggiato) rientra anche l’impugnazione del provvedimento amministrativo che si assuma lesivo. Per quanto non sussista una pregiudiziale amministrativa dell’azione di annullamento rispetto all’azione di risarcimento del danno, quindi, la mancata impugnazione dell’atto lesivo assume specifico rilievo ai fini della configurazione del nesso di causalità fra fatto lesivo e danno risarcibile, recidendo il nesso causale con il danno lamentato dalla ricorrente.

In conclusione, non è affatto semplice riuscire a conseguire un risarcimento per le lentezze gestionali del procedimento amministrativo.

E’ necessario verificare preventivamente e dimostrare in sede di giudizio

– se il bene della vita lo si sarebbe ottenuto, laddove il provedimento fosse stato definito nel rispetto dei termini previsti

– nel caso di conclusione negativa del procedimento (ossia di rigetto della istanza iniziale) è fondamentale impugnarne l’esito, perché solo il successivo accoglimento del ricorso consentirà di fondare un’azione risarcitoria basata (anche) sulla dimostrazione di avere agito in modo diligente a tutela dei propri interessi.

Avv. Vittorio Fiasconaro

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Vittorio Fiasconaro

Di Vittorio Fiasconaro

Laureato nel 1991, consegue il dottorato di ricerca in Filosofia del Diritto nel 1997. Nel 1994 si iscrive all’Albo. Dal 1996 al 2007 dirige, dopo aver vinto il concorso, l’Ufficio Legale del Comune di Pantelleria (TP) e poi quello del Comune di Bagheria (PA). Dal 2004 al 2011 insegna Diritto Amministrativo e Diritto Processuale Amministrativo alla Scuola Sant’Alfonso di Palermo. Nel 2009 si iscrive all’Albo degli avvocati esercenti innanzi alla Corte di Cassazione. Oggi fa parte del Foro di Termini Imerese. Ha al suo attivo centinaia di giudizi in cui si e’ costituito dinanzi alla Giurisdizione Amministrativa.