La norma nazionale
L’istituto del permesso di costruire convenzionato è stato introdotto nell’anno 2014 con il c.d. Decreto Sblocca Italia che ha aggiunto l’art. 28 bis al T.U. Edilizia, qui riportato nel testo oggi vigente:
1.
Qualora le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata, é possibile il rilascio di un permesso di costruire convenzionato.
2.
La convenzione, approvata con delibera del consiglio comunale, salva diversa previsione regionale, specifica gli obblighi, funzionali al soddisfacimento di un interesse pubblico, che il soggetto attuatore si assume ai fini di poter conseguire il rilascio del titolo edilizio, il quale resta la fonte di regolamento degli interessi.
3.
Sono, in particolare, soggetti alla stipula di convenzione:
a) la cessione di aree anche al fine dell’utilizzo di diritti edificatori;
b) la realizzazione di opere di urbanizzazione fermo restando quanto previsto dall’articolo 32, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163;
c) le caratteristiche morfologiche degli interventi;
d) la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale.
4.
La convenzione può prevedere modalità di attuazione per stralci funzionali, cui si collegano gli oneri e le opere di urbanizzazione da eseguire e le relative garanzie.
5.
Il termine di validità del permesso di costruire convenzionato può essere modulato in relazione agli stralci funzionali previsti dalla convenzione.
6.
Il procedimento di formazione del permesso di costruire convenzionato é quello previsto dal Capo II del Titolo II della presente parte. Alla convenzione si applica altresi’ la disciplina
dell’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Si tratta di un modello autorizzatorio che si pone in un rapporto di species a genus rispetto alla cd. pianificazione urbanistica “convenzionata”, giacché connotato da un momento consensuale che è propedeutico alla formazione del titolo edilizio e soggetto alla tipica valutazione discrezionale del Consiglio Comunale. A quest’ultimo, infatti, compete il preliminare potere di valutare se le opere di urbanizzazione possano o meno realizzate in forma semplificata ed a quali condizioni, così da eventualmente predeterminare i contenuti del rapporto giuridico cd. accessivo (la convenzione edilizia) al futuro titolo edilizio, da rilasciarsi a cura del Dirigente1.
Questa tipologia è suscettibile di trovare spazio laddove, al di fuori della pianificazione attuativa, si renda comunque necessaria la strutturazione di un rapporto giuridico tra la parte privata e l’amministrazione pubblica relativamente a profili collaterali al contenuto abilitativo del permesso di costruire. Essa si pone, dunque, lungo la linea di confine con lo spazio tuttora necessariamente riservato alla pianificazione attuativa. Ai molteplici piani attuativi previsti dall’ordinamento compete, cioè, stabilire un ordine insediativo su scala di maggior dettaglio, in funzione di integrazione e completamento delle linee programmatiche indicate dallo strumento urbanistico generale; mentre il permesso di costruire convenzionato ha la funzione di assicurare una disciplina accessoria del permesso di costruire, andando oltre la dimensione provvedimentale e consentendo di strutturare e regolare un rapporto di durata che rende più articolata la relazione giuridica tra il richiedente e l’amministrazione comunale, nonché risolvendo i problemi di disciplina che nella prassi erano inadeguatamente risolti mediante clausole unilaterali atipiche apposte al titolo edilizio.
Esso costituisce una soluzione esperibile secondo la valutazione dell’amministrazione, allorquando le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata e il ricorso alla pianificazione di secondo livello risulti sproporzionato rispetto alla finalità pubblica perseguita, come, d’altronde, è stato costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa riferita alle fattispecie dei lotti interclusi ricadenti in aree già urbanizzate, nelle quali l’amministrazione comunale deve disapplicare la previsione dello strumento urbanistico generale che impone, senza sufficienti ragioni giustificative, una pianificazione attuativa che nulla potrebbe aggiungere a fronte di un sufficiente grado di urbanizzazione2.
L’istituto costituisce, dunque, la versione alternativa e aggiornata dello strumento della lottizzazione convenzionata; in linea di massima, deve limitarsi ad interventi edilizi che non rivestano una particolare entità, anche sotto il profilo insediativo, localizzati in ambiti in cui le esigenze di urbanizzazione, infrastrutturazione e dotazione di standard si presentino con un basso grado di complessità3. E ciò nella ritenuta applicazione del principio proporzionalità che consente di sostituire (nel caso di edifici singoli) il piano attuativo con un permesso di costruire convenzionato avente analogo contenuto4.
Alla base del rilascio del permesso di costruire vi è una convenzione nella quale sono specificati gli obblighi di cui il soggetto attuatore si fa carico per soddisfare l’interesse pubblico.
Poichè sussistono alcune differenze tra il tenore della norma nazionale e la corrispondente disposizione regionale, si procederà nella esposizione premettendo l’analisi dei principi scaturenti dall’art. 28 bis che appaiono dotati di valenza generale per poi analizzare le peculiarità della disciplina siciliana.
La natura del permesso di costruire convenzionato
Il permesso di costruire convenzionato è un atto di natura edilizia e non urbanistica cui è collegata una convenzione approvata dal Consiglio comunale per individuare gli obblighi che il soggetto attuatore assume per conseguire il titolo edilizio. La stessa convenzione sottoscritta col Comune non è un provvedimento amministrativo con cui si esercita una funzione di pianificazione, ma un mero titolo abilitativo a un intervento edilizio5. Per questa ragione, l’eventuale mancata realizzazione dell’opera oggetto del permesso di costruire abilita alla richiesta di restituzione di qualunque tipo di onere concessorio versato6. A differenza del piano di lottizzazione, l’eventuale provvedimento di diniego va adottato dalla struttura dirigenziale, seguendo il procedimento di formazione del permesso di costruire convenzionato l’iter ordinario di competenza dirigenziale, ad eccezione della sola fase approvativa dell’annessa convenzione, che rientra nelle attribuzioni del Consiglio Comunale una volta superato con successo il preliminare vaglio di fattibilità dell’iniziativa edificatoria7.
Il permesso di costruire convenzionato costituisce una modalità semplificata per l’adozione di atti di pianificazione attuativa, la cui più proficua applicazione può avvenire proprio in zone già parzialmente urbanizzate. In tal senso, non costituisce ragione valida di rigetto della istanza la mera mancanza di atti di pianificazione attuativa richiesti dal P.R.G.: il permesso di costruire convenzionato può costituire, appunto, lo strumento per ovviare a tale carenza8. Si deve dare atto che sono emerse letture restrittive sul suo ambito di utilizzabilità, laddove si è ritenuto che esso deve limitarsi ad interventi edilizi che non rivestano una particolare entità, anche sotto il profilo insediativo, localizzati in ambiti in cui le esigenze di urbanizzazione, infrastrutturazione e dotazione di standard si presentino con un basso grado di complessità9.
E’ stato poi ritenuto legittimo il demandare alla convenzione la specificazione concreta delle superfici da destinare alle diverse possibili utilizzazioni del territorio indicate nello strumento urbanistico in via generale10.
Il rapporto tra la convenzione ed il permesso di costruire
La convenzione rappresenta il passaggio preliminare, nel quale volontà pubblica e privata si incontrano per la programmazione dell’intervento. Essa rileva quale momento consensuale propedeutico alla formazione del titolo edilizio, che consente la strutturazione di un rapporto giuridico tra la parte privata e l’amministrazione pubblica relativamente a profili collaterali al contenuto abilitativo del permesso di costruire. È con la convenzione urbanistica che sorgono, a carico delle parti, l’obbligo di rilasciare il permesso di costruire e l’obbligo di realizzare le opere di ubranizzazione concordate11.
Se di norma la prassi prevede (in esito alla stipula della stessa) il rilascio di un unico permesso di costruire, è stato ritenuto perfettamente possibile che per semplicità organizzativa e facilità di gestione si decida di subordinare l’intervento unitario (previsto in convenzione) all’ottenimento di due distinti permessi di costruire, l’uno per le opere di urbanizzazione e l’altro per l’edificazione privata12.
Bisogna poi tenere conto del fatto che l’art. 28-bis del D.P.R. n. 380/2001 espressamente ammette che il termine di validità del permesso di costruire convenzionato possa essere modulato in relazione agli stralci. A maggior ragione, quindi, nel caso in cui la convenzione preveda il rilascio di diversi permessi di costruire, essa può regolare diversamente i relativi termini di validità. A conferma, il comma 6 dell’art. 28-bis stabilisce che solo il procedimento di formazione del permesso di costruire interessato dalla convenzione segue la disciplina della Parte I, Titolo II, Capo II, del D.P.R. n. 380/2001, nulla prevedendo circa la validità temporale dei permessi che, invece, può essere modulata. Non si vede ragione per cui, se rileva la modulazione di termini all’interno di un medesimo permesso, debba escludersi la modulazione nell’ipotesi in cui i termini riguardino provvedimenti distinti che attengono a un medesimo intervento urbanistico convenzionato13.
Nel caso affrontato dai Giudici la convenzione aveva fissato un termine di inizio esclusivamente per i lavori delle opere di urbanizzazione, il termine di conclusione delle stesse opere di urbanizzazione e un termine specifico di 5 anni per finire i lavori dell’edificazione privata, senza peraltro individuare un termine di inizio. Dal che deriva che le opere di urbanizzazione diventano di per sé utili ad accertare l’effettivo inizio dei lavori di un unico intervento convenzionato. Il permesso di costruire rimane (ex art. 28-bis, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001) la fonte di regolazione primaria degli interessi ma ciò non comprende il distinto regime di proroga, che può essere inglobato dalla unitaria disciplina convenzionale. Poichè i titoli edilizi si collocano nel contesto di una convenzione urbanistica e la relativa attività edificatoria conserva carattere unitario, il tempestivo inizio dei lavori in base a uno dei titoli edilizi è utile anche per evitare la decadenza dei titoli collegati14.
Il permesso di costruire mantiene però una propria specifica autonomia rispetto alla convenzione cui accede, con la conseguenza che il potere di annullamento del medesimo appartiene all’organo amministrativo che lo ha adottato (in genere, il responsabile dell’apposito ufficio comunale)15.
E’ anche chiaro come la modifica nei contenuti di un Permesso di Costruire Convenzionato non potrà essere attuata mediante il rilascio di un successivo Permesso di Costruire Ordinario che prescinda dalla convenzione regolante i reciproci impegni, se non violando la gerarchia degli atti amministrativi. L’istanza del privato preordinata alla “Riedizione” di un permesso di costruire convenzionato dovrà dunque essere obbligatoriamente preceduta dalla sottoscrizione di una nuova convenzione preventivamente approvata dall’ente16.
Non tutti gli accordi stipulati in collegamento con un permesso di costruire rientrano nell’istituto in oggetto: il “convenzionamento” serve infatti a sopperire a esigenze di urbanizzazione dell’area senza dover necessariamente ricorrere a un piano attuativo. Quando invece l’accordo tra Comune e parte privata ha ad oggetto obbligazioni “esterne” al titolo edilizio, anche se strumentali a consentire la miglior fruibilità delle opere di urbanizzazione parcheggi, si tratta di un mero contratto civilistico, sia pure connesso al rilascio del permesso di costruire, e non di un accordo riconducibile allo schema generale dell’articolo 11 della L. 7 agosto 1990, n. 24117.
I presupposti procedimentali
La valutazione iniziale sulla ammissibilità dell’utilizzo dell’istituto ha ad oggetto a verifica sulla sufficienza o meno delle opere di urbanizzazione esistenti e sulla presenza o meno di un fondo intercluso. In tal senso, viene ribadito che tali questioni (tenuto conto della relativa complessità dell’indagine) meritano di essere approfondite dal Comune attraverso un confronto procedimentale con i soggetti interessati (in esito al quale l’Amministrazione è ovviamente tenuta a motivare adeguatamente il proprio avviso)18. La decisione di avvalersi di un tale strumento di pianificazione attuativa semplificata piuttosto che ad una convenzione di lottizzazione o di un piano di zona è rimessa alla discrezionalità del Consiglio comunale.
E’ importante evidenziare che, in presenza di un deficit di urbanizzazioni secondarie e sussistendo l’esigenza di ovviare a tale carenza, in presenza però di un quadro complessivo delle urbanizzazioni contraddistinto da un avanzato grado di sviluppo, la scelta del p.d.c. convenzionato non appare esorbitante rispetto alle finalità proprie dello strumento in questione19.
E’ anche vero poi che dal permesso di costruire convenzionato non deriva necessariamente l’onere a carico del privato di reperire ulteriori aree da destinare a standard, questo dipendendo dalla concreta verifica circa la sufficienza delle dotazioni esistenti rispetto allo specifico intervento da effettuarsi20.
Il silenzio assenso
Appare difficile ritenere che possa estendersi tout court al permesso di costruire convenzionato la disciplina del silenzio assenso prevista dall’art. 20 del Dpr 380/2001.
La valutazione in ordine alla stessa ammissibilità del convenzionamento oltre che ai suoi contenuti appare di natura ampiamente discrezionale; ragion per cui l’Amministrazione deve dar luogo all’emanazione di un provvedimento esplicito da adottarsi a cura del competente organo (che in ambito regionale non è il consiglio comunale)21. Appare invece astrattamente ammissibile il maturare del silenzio assenso (nella sussistenza di tutti i rigorosi requisiti previsti e nella assenza dei correlati fatti impeditivi22) laddove la convenzione sia stata già approvata e sottoscritta e rimanga da effettuare il mero rilascio del permesso di costruire: in tale situazione infatti le decisioni di natura discrezionale del Comune sono state già compiutamente effettuate, e residua unicamente un’attività di tipo vincolato (come nel caso del permesso di costruire ordinario). L’art. 28 bis coordina nell’ambito della definizione di un istituto complesso qual è il permesso di costruire convenzionato due strumenti giuridici differenti tanto nella funzione che nella natura (atto consensuale v. atto provvedimentale), rispetto ai quali non può postularsi una disciplina omogenea. Da ciò deriva, quindi, che l’istituto propriamente acceleratorio del silenzio assenso possa trovare applicazione solo con riguardo al “momento provvedimentale” successivo alla stipula della convenzione, relativo all’emanazione del titolo edilizio sulla base delle regole generali che presiedono alla sua formazione. Solo con riferimento a tale fase, e non anche a quella convenzionale, può ritenersi operante il richiamo alla disciplina dell’art. 20 del D.P.R. n. 380 del 2001 e postularne l’applicazione in termini generali, con riferimento sia all’emanazione espressa del permesso di costruire, sia alla sua formazione tramite silenzio assenso. Ne consegue che quest’ultimo potrebbe operare soltanto una volta che la convenzione (rectius, il suo schema) sia stata preliminarmente approvata dall’organo consiliare e poi stipulata nelle forme proprie dell’atto negoziale, ma non quando detti adempimenti non siano stati effettuati23.
Specularmente, nel caso in cui il procedimento non venga avviato o concluso nei termini previsti, e non sussistano le condizioni per ritenere formato il silenzio assenso, si ritiene integrata una ipotesi di silenzio inadempimento, ed è possibile proporre ricorso ai sensi dell’art. 31 del Codice del Processo Amministrativo24, e ciò anche in riferimento all’istanza iniziale finalizzata alla decisione iniziale sulla possibilità di aderire alla proposta di convenzione.
Il rapporto con l’accertamento di conformità
Laddove poi lo strumento urbanistico pone espressamente la condizione della previa sottoscrizione della convenzione ai fini del successivo rilascio del permesso di costruire, la realizzazione di opere in assenza di titolo non può essere sanata mediante l’accertamento di conformità previsto dall’art. 36 T.U. Edilizia. L’esigenza di tutela sottesa alla predetta norma è quella di evitare interventi repressivi, di demolizione delle opere sine titulo realizzate, qualora l’illecito in concreto commesso sia lesivo del solo interesse pubblico (strumentale) della sottoposizione al previo controllo amministrativo dell’attività edilizia, senza compromissione dell’interesse pubblico (finale) dell’ordinato sviluppo del territorio, nel rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia all’uopo applicabile. In tali ipotesi, si consente la permanenza delle opere mediante la formazione postuma, una volta commesso l’illecito e a sua sanatoria, del titolo edilizio idoneo a legittimare l’intrapresa attività edificatoria. Attraverso la sanatoria, dunque, si ripristina la legalità formale violata, rilasciando all’istante il medesimo titolo edilizio (l’art. 36 DPR n. 280 del 2001 discorre, infatti, di “permesso in sanatoria”) che lo stesso avrebbe dovuto acquisire agendo lecitamente (avuto riguardo anche alla disciplina vigente al momento della presentazione della domanda di sanatoria).
Nel caso di intervento edilizio realizzato in assenza della prescritta previa assunzione di obblighi convenzionali (cui è subordinato il rilascio del permesso di costruire) la sanatoria violerebbe le esigenze di tutela sottese all’accertamento di conformità, in quanto, anziché consolidare un assetto di interesse viziato per sole ragioni formali e del tutto corrispondente, sotto il profilo sostanziale, a quello che sarebbe stato legittimato in caso di previo rilascio del permesso di costruire, permetterebbe al trasgressore di trarre un’utilità dalla propria condotta illecita, comportando la legittimazione di una trasformazione territoriale differente rispetto a quella che sarebbe stata assentita con il rilascio del titolo edilizio; il che non è rispettoso della lettera e della ratio sottesa all’art. 36 citato25.
Sotto altro e diverso profilo, si è detto che il permesso di costruire convenzionato è figura intermedia, che si colloca tra il Piano Urbanistico Attuativo ed il semplice Permesso di Costruire, ma che comunque configura una forma di intervento edilizio diretto (o parzialmente tale) non costituente strumento urbanistico attuativo. Sicchè esso non è assimilabile ad uno strumento urbanistico attuativo e, dunque, la non conformità allo stesso non costituisce violazione della normativa urbanistica vigente e non impedisce di per sé il conseguimento della sanatoria26.
La normativa regionale
In Sicilia, la L.R. 16/2016 ha operato la scelta di disporre il recepimento in via dinamica al T.U. Edilizia e l’art. 28 bis vi rientra. Ma contestualmente è stata dettata una disciplina integrativa con l’art. 20:
1. È ammesso il rilascio del permesso di costruire convenzionato, escludendo l’approvazione in consiglio comunale della convenzione di cui all’articolo 28–bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come recepito dall’articolo 1, nei lotti interclusi e nelle aree residue sottoposte dai piani urbanistici a pianificazione attuativa, fuori dagli ambiti di formazione dei comparti di cui all’articolo 11 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, in presenza delle opere di urbanizzazione primaria (almeno rete idrica, viaria e fognante) ed il richiedente si impegni a realizzare a proprie spese le altre reti mancanti, quali elettrica, del gas, della pubblica illuminazione e telefonica nonché i parcheggi ed il verde primario nella misura stabilita dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 e qualora la redazione di un piano di lottizzazione non risulti utile per le ridotte dimensioni delle aree per urbanizzazione secondaria ovvero delle superfici da cedere in caso di lottizzazione.
2. Nei casi di cui al comma 1 è sempre possibile la monetizzazione delle aree non cedute ed il pagamento del relativo valore delle opere di urbanizzazione primaria non realizzate. Le suddette somme si iscrivono in apposita voce di bilancio e possono essere utilizzate esclusivamente per la manutenzione, l’adeguamento ed il miglioramento delle opere di urbanizzazione già presenti nell’ambito del rilasciando permesso di costruire. La valutazione delle aree è calcolata sulla base del valore di mercato ed il valore delle opere di urbanizzazione è determinato da un dettagliato computo metrico estimativo con l’utilizzo del prezzario regionale.
Sussistono poi ulteriori disposizioni ritraibili dal Regolamento Edilizio Tipo introdotto con il Decreto presidenziale n. 531 del 20 maggio 2022.
Nello specifico:
Art. 24 – Punti fissi di linea e di livello
1. Prima di iniziare i lavori per interventi oggetto di prescrizioni planivolumetriche (piani urbanistici o titoli abilitativi convenzionati), l’avente titolo è tenuto a richiedere al Dirigente preposto all’unità organizzativa che ha curato l’istruttoria relativa allo strumento plani volumetrico, la ricognizione della linea di confine tra gli spazi pubblici e l’area di pertinenza della costruzione. Nell’esecuzione dell’opera, l’avente titolo deve attenersi ai punti fissi di linea e di livello che gli dovranno essere comunicati entro venti giorni dalla presentazione della domanda di cui sopra.
Art. 32 – Caratteristiche costruttive e funzionali degli edifici
Ove consentito dalle previsioni dello strumento urbanistico comunale, è ammessa l’edificazione in corrispondenza con la linea di confine di spazi privati di altra proprietà o di spazi pubblici secondo le modalità di cui all’art. 24 del presente Regolamento, nei casi di:
– nuove costruzioni, conformi a previsioni di […] progetti edilizi convenzionati per gli aspetti planivolumetrici;
Art. 62 – Tutela del suolo e del sottosuolo
1. Al fine di garantire la tutela ambientale del territorio devono essere sottoposte ad Indagine Ambientale Preliminare (IAP) per la verifica dello stato di qualità del suolo e sottosuolo:
[…]
c) le aree oggetto di piani urbanistici attuativi e strumenti di programmazione negoziata, le aree assoggettate a permesso di costruire convenzionato ove siano previste cessioni di aree al Comune
art. 99
L’istruttoria e il successivo rilascio di titoli edilizi relativi a istanze di permesso di costruire e/o di convenzionamento protocollate in data anteriore all’entrata in vigore del presente Regolamento avverranno in conformità alle previsioni del previgente Regolamento edilizio, se non in contrasto con le disposizioni di legge vigenti. Analogamente le varianti, anche essenziali, a tali titoli continueranno ad essere disciplinate dal previgente Regolamento edilizio se non in contrasto con le disposizioni di legge vigenti.
In Sicilia dunque la convenzione in oggetto potrà essere utilizzata
a) in alternativa a quella prevista per il piano di lottizzazione (o altro strumento attuativo), nei lotti interclusi e nelle aree residue sottoposte dai piani urbanistici a pianificazione attuativa
b) in sostituzione della lottizzazione (o altro strumento attuativo), qualora la redazione di un piano di lottizzazione non risulti utile per le ridotte dimensioni delle aree per urbanizzazione secondaria ovvero delle superfici da cedere in caso di lottizzazione.
Come è noto con L.R. 19/2020 è stato soppresso in Sicilia lo strumento del piano di lottizzazione che è stato sostituito dai Piani Particolareggiati Attuativi. Fino a quando varrà il regime transitorio disposto dall’art. 53 della predetta legge, sarà ancora possibile intervenire in aree che prevedono una lottizzazione convenzionata. Al di fuori di tale ipotesi e comunque in esito alla adozione dei nuovi Piani Urbanistici Generali, la convenzione potrà essere chiamata a sostituire o integrare i nuovi strumenti attuativi.
Occorre poi comprendere se le tre fattispecie applicative (lotti interclusi, aree residue, strumento attuativo non più utile) esauriscano l’ambito di applicazione, oppure si aggiungano alle situazioni previste dall’art. 28 bis del T.U. Edilizia. La decisione di recepimento dinamico della norma fa propendere per la seconda tesi; ragion per cui troverebbero applicazione in Sicilia anche le situazioni indicate nel comma 3 dell’art. 28 bis citato.
Il lotto intercluso
Il Consiglio di Stato27 ha fornito un utile riepilogo degli orientamenti giurisprudenziali sulla necessità o meno dell’approvazione dei piani attuativi prima del rilascio del permesso di costruire, individuando tre possibili situazioni che si possono in concreto verificare e le relative conseguenze sulla richiesta del titolo.
La prima, attiene alle zone inedificate. Nel caso di zone assolutamente inedificate, da asservire per la prima volta all’edificazione, mediante costruzione di uno o più fabbricati, aree non ancora urbanizzate, l’esistenza del piano esecutivo (piano di lottizzazione o piano particolareggiato, PUE) è senza dubbio presupposto indispensabile per il rilascio del titolo edilizio. In tali situazioni deve essere rigorosamente rispettata la cadenza, in ordine successivo, dell’approvazione del piano regolatore generale e della realizzazione dello strumento urbanistico d’attuazione, che garantisce una pianificazione razionale e ordinata del futuro sviluppo del territorio dal punto di vista urbanistico. Pertanto, in tali casi, è da ritenersi legittimo il rigetto della istanza edificatoria fondato sulla mancanza di strumento urbanistico di attuazione.
La seconda riguarda zone totalmente urbanizzate e l’ipotesi del lotto intercluso. La fattispecie del lotto intercluso rappresenta una deroga eccezionale al principio generale per cui il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che si sia concluso il procedimento per la adozione dello strumento urbanistico attuativo e che lo stesso sia divenuto perfetto ed efficace. Per “lotto intercluso” o “lotto residuo”, la giurisprudenza amministrativa intende un’area compresa in zona totalmente dotata di opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard urbanistici minimi prescritti, cioè da opere e servizi realizzati per soddisfare i necessari bisogni della collettività quali strade, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzione del gas, dell’acqua e dell’energia elettrica, scuole, etc… In particolare si realizza la fattispecie del lotto intercluso solo se l’area edificabile:
a) sia l’unica a non essere stata ancora edificata;
b) si trovi in una zona integralmente interessata da costruzioni;
c) sia dotata di tutte le opere di urbanizzazione (primarie e secondarie), previste dagli strumenti urbanistici;
d) sia valorizzata da un progetto edilizio del tutto conforme al Piano Regolatore Generale.
Per esempio, un lotto non può qualificarsi come “intercluso” se esso è confinante con un’altra area più vasta anch’essa inedificata, di talché il terreno edificabile non sia l’unico a non essere stato ancora edificato28. Non può, quindi, considerarsi intercluso il lotto che presenti tali caratteristiche e che sia ubicato in un’area in cui non siano presenti sufficienti opere di urbanizzazione primaria e secondaria e un’adeguata dotazione degli standard urbanistici prescritti dal decreto ministeriale n. 1444/1968.
In termini urbanistico-edilizi, per poter qualificare l’area in termini di lotto intercluso non è necessaria l’interclusione del terreno da tutti i lati, bensì l’esistenza di un’area c.d. “relitto”, autonomamente edificabile perché già urbanisticamente definita, ossia compiutamente e definitivamente collegata e integrata con già esistenti opere di urbanizzazione (strade, servizi, piazze, giardini) e/o con altri immobili adiacenti. In presenza del lotto intercluso, poiché la completa e razionale edificazione e urbanizzazione del comprensorio interessato ha già creato una situazione di fatto corrispondente a quella che deriverebbe dall’attuazione del piano esecutivo (piano particolareggiato, piano di lottizzazione, etc.), lo strumento urbanistico esecutivo si ritiene superfluo. Ne deriva, in casi del genere, l’illegittimità della pretesa del Comune di subordinare il rilascio del titolo edilizio alla predisposizione di un piano di lottizzazione, pur astrattamente previsto dallo strumento generale.
La terza situazione è quella che si può definire “situazione intermedia”. Nelle situazioni intermedie, nelle quali il territorio risulti già più o meno urbanizzato, il piano attuativo diviene lo strumento indispensabile per l’ordinato assetto del territorio e il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando è concluso il relativo procedimento. Tuttavia è stato ritenuto che quando sia ravvisabile una sostanziale, anche se non completa, urbanizzazione dell’intero comprensorio a cui appartiene l’area oggetto della richiesta edilizia, la mancanza dello strumento attuativo, in se e per sé, non può essere invocata ad esclusivo fondamento del diniego di permesso di costruire. In tal caso, l’Amministrazione dovrà condurre adeguata istruttoria al fine di valutare lo stato di urbanizzazione già presente nella zona ed evidenziare le concrete ed ulteriori esigenze di urbanizzazione indotte dalla nuova costruzione. Infatti solo il Comune, essendo in possesso delle informazioni concernenti l’effettiva consistenza del suo territorio, delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, dei servizi pubblici, e delle edificazioni pubbliche e private già esistenti, è in grado di stabilire se e in quale misura un ulteriore eventuale carico edilizio possa armonicamente inserirsi nell’assetto del territorio già presente. Il Comune, quindi, dovrà preventivamente esaminare, in relazione alla dimensione dell’intervento richiesto, allo stato dei luoghi, alla documentazione prodotta dall’interessato ed alle prescrizioni di zona del piano di fabbricazione, se il Piano regolatore fornisca indicazioni esaustive sulle modalità edificatorie nonché lo stato di urbanizzazione e di edificazione dell’area interessata in relazione all’adeguatezza e fruibilità delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e di conseguenza valutare se persiste o meno la necessità di adottare il piano attuativo prima del rilascio del permesso di costruire, dando atto delle dette verifiche nelle motivazioni della propria decisione.
Ciò premesso, la questione da porsi è se oggi residuano spazi di applicazione del consolidato principio per cui è ammesso il rilascio diretto del titolo edilizio in favore del fondo intercluso (evidentemente nella seconda delle su elencate possibili situazioni).
I primi orientamenti della Giurisprudenza amministrativa siciliana appaiono restrittivi, nel senso cioè di ritenere non più possibile il rilascio diretto del permesso. Si è infatti statuito che la legge regionale, prendendo atto della circostanza che la fattispecie del lotto intercluso rappresenti una deroga eccezionale al principio generale di cui all’art. 9, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 per cui il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che si sia concluso il procedimento per la adozione dello strumento urbanistico attuativo e che lo stesso sia divenuto perfetto ed efficace ha inteso evitare, in fattispecie di fondi interclusi, che si giunga al rilascio diretto del permesso di costruire29. E se dunque è vero che la sintetica formula legislativa dell’art. 28-bis D.P.R. n. 380 del 2001 pare riferirsi a trasformazioni edilizie il cui impatto sul tessuto urbanistico sia più limitato, ovvero sia tale da inserirsi in un contesto di pianificazione idoneo a consentire un intervento diretto, o comunque più semplificato rispetto all’utilizzo di un vero e proprio piano attuativo, si rivelerebbe con ciò coerente la scelta del legislatore regionale di disciplinare con tale istituto di nuovo conio le istanze edificatorie ricadenti all’interno di lotti interclusi30. Il dubbio però sorge nel momento in cui l’art. 28 bis del T.U. non contempla (almeno espressamente) la situazione dei lotti interclusi, e l’incipit del primo comma dell’art. 20 della L.R 16/2016 sembra in realtà più che imporre consentire (“E’ ammesso”). E d’altronde non si comprende proprio quale utilità e quale oggetto possa avere la stipula della convenzione a fronte di un’area integralmente interessata da costruzioni e dotata di tutte le opere di urbanizzazione (primarie e secondarie), previste dagli strumenti urbanistici.
Nè si comprende bene (in prima battuta) quale possa essere la differenza tra lotto intercluso e aree residue, tenuto conto che le due locuzioni sono sempre state usate come sinonimi. L’art 20 citato – a ben vedere – riferisce solo alle seconde la caratteristica dell’essere sottoposte dai piani urbanistici a pianificazione attuativa. Un significato coerente può essere ricavato ipotizzando che le aree residue si riferiscono alla presenza di più lotti non edificati all’interno dello stesso comparto (ragion per cui non può sussistere in tale situazione alcun lotto intercluso, che per definizione deve essere unico). E dunque si deve ritenere che l’utilizzo del permesso di costruire convenzionato nelle due fattispecie (lotto intercluso – aree residue) sia stato disposto nel primo caso per eccesso31 e nel secondo per difetto32. Con ciò lasciando un margine di discrezionalità (nel primo caso attribuito alla parte interessata – nel secondo caso attribuito al Comune), sulla possibilità di avvalersi della convenzione in oggetto.
Le zone bianche
In Sicilia è consentito un ampio utilizzo del permesso di costruire convenzionato nelle aree costituenti zona bianca.
L’art. 4 comma 4 bis della L.R 16/2016 prevede che “nelle aree di cui al comma 4 sono altresì ammessi gli interventi di iniziativa privata volti alla pubblica fruizione secondo le funzioni specificamente individuate negli strumenti urbanistici comunali per la realizzazione delle urbanizzazioni previste dall’articolo 3 e dall’articolo 4, comma 5, del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, secondo i parametri tecnici delle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico, attraverso permesso di costruire convenzionato, con il procedimento di cui all’articolo 20”.
A sua volta il comma 4 disciplina la situazione dei vincoli preordinati all’esproprio scaduti da più di tre anni. In questo caso, la normativa regionale amplia (rispetto a quella nazionale) le possibilità edificatorie in presenza di vincoli scaduti, individuando una serie di attività che possono in effetti essere attuate. In tale logica, viene prevista una fattispecie ulteriore di utilizzo del permesso di costruire convenzionato laddove il privato intenda realizzare i seguenti interventi volti alla pubblica fruizione:
– asili nido, scuole materne e scuole dell’obbligo;
– attrezzature religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi (uffici P.T., protezione civile, ecc.) ed altre;
– spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport;
– parcheggi
– attrezzature per l’istruzione superiore all’obbligo (istituti universitari esclusi);
– attrezzature sanitarie ed ospedaliere;
– parchi pubblici urbani e territoriali.
Il richiamo del comma 4 da parte del comma 4 bis consente di ritenere possibile (anche in via analogica) la stipula della convenzione per effettuare ristrutturazione edilizia e ristrutturazione urbanistica, sempre nelle aree i cui il vincolo preordinato all’esproprio è scaduto da più di tre anni.
E ancora il comma 3 dell’art. 4 della L.r. 16/2016 introduce un’altra ipotesi: nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l’edificazione sono consentiti gli interventi di ristrutturazione edilizia che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. L’aspetto qui rilevante è il fatto che si preveda da un lato che tali interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, e dall’altro che si pone la condizione che il titolare del permesso si impegni a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione. Questo tipo di impegno appare anch’esso concordabile in una convenzione propedeutica al permesso di costruire.
I lotti compresi tra 1000 e 5000 mq
L’art 30 comma 11 della L.r. 19/2020 prevede che “l’estensione minima dei Piani Particolareggiati Attuativi non può essere inferiore a 10 mila metri quadrati per consentire il raggiungimento dell’unità minima funzionale delle opere di urbanizzazione secondarie da cedere previa stipula di convenzione. Tuttavia, se per documentati motivi, l’estensione è compresa tra 10 mila e 5 mila metri quadrati, a titolo di flessibilità compensativa, le aree da cedere sono ragguagliate a 10 mila metri quadrati. Per estensioni inferiori a 5 mila metri quadrati, e fino alla soglia minima di mille metri quadrati, si applica il permesso di costruire convenzionato di cui all’articolo 20, comma 1, della legge regionale n. 16/2016 ove ne ricorrano le condizioni”.
La norma dunque consente (in presenza delle condizioni indicate dall’art. 20 comma 1 della L.r. 16/2016) di sostituire il Piano Particolareggiato Attuativo con il permesso di costruire convenzionato. Ma solo nei casi ivi previsti: lotti interclusi, aree residue, strumento attuativo non più utile. Essa ha pertanto in sé una limitata portata innovativa tenuto conto che in presenza delle condizioni indicate dal citato comma comunque sarebbe stato possibile applicare l’istituto in oggetto. La vera novità sta nell’avere chiarito che in questo caso (lotto compreso tra 1000 e 5000 mq) non si procede alla stesura del piano attuativo ove si tratti di una delle tre ipotesi predette; al di fuori delle quali risorge il dovere di redigere il Piano.
Avv. Vittorio Fiasconaro
1T.A.R. Lazio Roma, Sez. II quater, Sent., (data ud. 26/10/2021) 27/10/2021, n. 11016
2T.A.R. Campania Salerno, Sez. III, Sent., (data ud. 10/06/2022) 04/07/2022, n. 1935
3T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 28/01/2020 n. 403
4T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. II, Sent., (data ud. 22/09/2021) 24/11/2021, n. 985
5Consiglio di Stato n. 1399 del 2022
6ibidem
7T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, Sent., (data ud. 21/07/2020) 14/12/2020, n. 6096
8T.A.R. Campania Napoli, Sez. VIII, Sent., (data ud. 09/03/2022) 04/04/2022, n. 2281
9T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, Sent., (data ud. 07/12/2021) 24/01/2022, n. 461
10Tar Napoli sentenza n. 4221/2022
11T.A.R. Calabria Catanzaro, Sez. II, Sent., (data ud. 13/04/2022) 29/04/2022, n. 733
12Consiglio di Stato n. 05925/2022
13ibidem
14ibidem
15Consiglio di Stato n. 192/2021
16T.A.R. Campania Napoli, Sez. VIII, Sent., (data ud. 13/10/2021) 25/11/2021, n. 7528
17Cons. Stato, Sez. IV, Sent., (data ud. 11/03/2021) 26/04/2021, n. 3309
18Tar Ct N. 02591/2019
19T.A.R. Puglia Lecce, Sez. I, Sent., (data ud. 08/06/2022) 23/06/2022, n. 1042
20T.A.R. Lombardia Milano, Sez. IV, Sent., (data ud. 16/02/2022) 18/02/2022, n. 400
21Tar Catania n. 3517/2020
22In particolare, non è ritenuto applicabile il silenzio assenso nel caso in cui l’area sia sottoposta a vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali: art. 20 comma 8 Dpr 380/2001
23T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, Sent., (data ud. 25/01/2022) 16/03/2022, n. 737
24T.A.R. Sicilia Catania, Sez. III, Sent., (data ud. 13/05/2020) 15/05/2020, n. 1014
25Consiglio di Stato sentenza n. 515 del 2021
26Cons. Stato, Sez. IV, Sent., (data ud. 13/10/2015) 12/11/2015, n. 5144
27 sez. IV, sentenza 3/12/2019, n. 8270
28Consiglio di Stato sentenza del 20 luglio 2016, n. 3293; anche Cons. Stato, Sez. IV, 7/11/2014, n. 5488
29Tar Catania n. 3517/2020
30ibidem
31In quanto astrattamente non necessario
32In quanto astrattamente non utilizzabile per la esigenza di un piano attuativo
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