Il principio del dissenso costruttivo e le autorizzazioni paesaggistiche

Il principio del c.d. dissenso costruttivo ha una larga applicazione in materia di autorizzazioni paesaggistiche.

Cerchiamo di capire di cosa si tratta.

Nel caso in cui la Soprintendenza decida di esitare un giudizio di incompatibilità paesaggistica (comportante il diniego di autorizzazione) quest’ultimo deve essere il risultato del confronto tra le singole caratteristiche del progetto e quelle dell’area di riferimento, e non tra il progetto nel suo complesso e la norma di tutela astrattamente considerata, la quale si riferisce all’intero ambito territoriale vincolato; vige infatti il principio del dissenso costruttivo, secondo cui vi è l’obbligo delle Amministrazioni coinvolte di collaborare lealmente con la parte privata per consentirle di apportare al progetto le modifiche necessarie a renderlo compatibile con i valori paesistici tutelati dal vincolo.

Posto infatti che qualsiasi nuova opera è suscettibile di generare un impatto visivo sul paesaggio circostante, ovvero una sua “alterazione”, il diniego dell’autorizzazione paesaggistica deve contenere una sufficiente esternazione delle peculiari ragioni per le quali si ritiene che un’opera non sia idonea a inserirsi nell’ambiente, attraverso l’esame delle sue caratteristiche concrete e l’analitica individuazione degli elementi di contrasto con il vincolo da tutelare.

E questo anche perché il parere emesso ex art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 è espressivo non d’una scelta discrezionale pura, ma di una valutazione tecnico-discrezionale, destinata a produrre effetti vincolanti rispetto sul successivo provvedimento (ad esempio, permesso di costruire) per interventi in aree vincolate.

Il parere, appunto per tal sua natura e per evitare che il sotteso giudizio si traduca nell’esercizio di una valutazione insindacabile o arbitraria, occorre che sia sempre sorretto da un’ampia e circostanziata motivazione, dalla quale sia possibile ricostruire sia le premesse che l’iter logico seguito nel percorso valutativo che si conclude con il giudizio finale.

E, nel caso in cui esso sia negativo, deve esplicitare le effettive ragioni di contrasto tra l’intervento progettato ed i valori paesaggistici dei luoghi compendiati nel decreto di vincolo, tener conto delle ragioni indicate dal privato e, perciò, indicare qual tipo d’accorgimento tecnico o, se del caso, di modifica progettuale possa far conseguire all’interessato l’autorizzazione paesaggistica. Tale ultimo adempimento è quello che viene definito dissenso paesaggistico.

La mera elencazione di quali siano i criteri di tutela introdotti dal piano paesaggistico accompagnata dall’affermazione che l’intervento si pone in contrasto con gli stessi (e in assenza di rilievi puntuali) è dunque insufficiente per rendere legittimo il parere negativo espresso.

Deve sempre emergere (inoltre) il concreto confronto tra le singole caratteristiche del progetto e quelle dell’area di riferimento.

Il principio dunque è espressione dell’obbligo di collaborare lealmente con gli interessati per consentire agli stessi di apportare al progetto le modifiche necessarie a renderlo compatibile con i valori paesistici tutelati dal vincolo; deve pertanto essere indicato (da parte della Soprintendenza) l’accorgimento tecnico o la modifica progettuale idonea a far conseguire agli interessati l’anelata l’autorizzazione paesaggistica.

Si tratta di un vero e proprio dovere gravante sull’Ente di tutela, la cui applicazione sconta due sole eccezioni:

a) il caso in cui non si tratti di autorizzazione paesaggistica preventiva ma di giudizio di compatibilità paesaggistica.

b) il caso in cui sussistano disposizioni chiare e puntuali del piano paesaggistico che inibiscono a monte e radicalmente l’intero progetto presentato.

Quanto esposto si ricava da due recenti sentenze del Tar Catania (n. 501 del 2022 n. 408 del 2022)

Avv. Vittorio Fiasconaro

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Vittorio Fiasconaro

Di Vittorio Fiasconaro

Laureato nel 1991, consegue il dottorato di ricerca in Filosofia del Diritto nel 1997. Nel 1994 si iscrive all’Albo. Dal 1996 al 2007 dirige, dopo aver vinto il concorso, l’Ufficio Legale del Comune di Pantelleria (TP) e poi quello del Comune di Bagheria (PA). Dal 2004 al 2011 insegna Diritto Amministrativo e Diritto Processuale Amministrativo alla Scuola Sant’Alfonso di Palermo. Nel 2009 si iscrive all’Albo degli avvocati esercenti innanzi alla Corte di Cassazione. Oggi fa parte del Foro di Termini Imerese. Ha al suo attivo centinaia di giudizi in cui si e’ costituito dinanzi alla Giurisdizione Amministrativa.