Impianti fotovoltaici e verde agricolo: quali sono i poteri dei Comuni ?

Con una sentenza ampiamente motivata (n. 299 del 2023) il Tar Palermo fissa i paletti per l’autonomia regolamentare dei Comuni in materia di installazione di impianti fotovoltaici.

Il principio affermato e’ il seguente: i Comuni in generale e i Comuni della Regione Siciliana non possono precludere l’installazione di impianti fotovoltaici in verde agricolo in ragione della mera destinazione del sito e non possono farlo, comunque, avvalendosi dell’ordinaria potestà regolamentare locale.

Cio’ perche’ i Comuni possono adottare regolamenti soltanto nelle materie di propria competenza; il relativo potere è attribuito alle Regioni le quali, in tale ambito, scontano specifici limiti stabiliti dalla Linee guida statali del 10 settembre 2010, da leggersi oggi alla luce del d. lgs. n. 199 del 2021.

Il ragionamento del Tar prende le mosse da alcune puntualizzazioni sull’applicabilità alle Regioni a statuto speciale e alla Regione Siciliana di tali Linee guida è d’obbligo.

L’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 (applicabile, quanto agli impianti minori, per effetto del rinvio contenuto nell’art. 5 d. lgs. n. 28 del 2011) dispone che le Linee guida per lo svolgimento del procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione unica, di cui al comma 3 del medesimo articolo, siano approvate in Conferenza unificata.

L’art. 19 del medesimo atto con forza di legge stabilisce che «sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano che provvedono alle finalità del presente decreto legislativo ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione». Identica previsione è contenuta nell’art. 45 d. lgs. n. 28 del 2011 recante «Disposizioni specifiche per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e Bolzano».

Il menzionato d.lgs. n. 387 del 2003 e le linee guida approvate con d.m. 10 settembre 2010, si rivolgono nella loro «interezza» alle sole Regioni ordinarie (Corte cost., sentenza n. 224 del 2012, § 4.2.), fermo restando che «la competenza legislativa delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome «deve tuttavia coesistere con la competenza statale in materia di tutela dell’ambiente e con quella concorrente in materia di energia» (Corte cost., sentenza n. 275 del 2011).

Il d.m. 10 settembre 2010 (in più parti richiamato dal d. lgs. n. 28 del 2011, cit.) riveste natura regolamentare (Corte cost., n. 275 del 2011). Ricorrono, nella specie, gli indici sostanziali che la giurisprudenza costante della Corte assume a base della qualificazione degli atti come regolamenti (da ultimo, sentenze n. 278 e n. 274 del 2010): detto d.m. contiene, infatti, norme finalizzate a disciplinare, in via generale ed astratta, il procedimento di autorizzazione alla installazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, alle quali sono vincolati tutti i soggetti, pubblici e privati, coinvolti nelle correlate attività.

Sul versante del rapporto tra le predette Linee guida e la disciplina regionale va rilevato come la giurisprudenza della Corte costituzionale – così come da ultimo ricostruita da Cons. Stato, sez. IV, n. 2464 del 2022 – si sia attestata nel senso che:

– le Linee guida non sono interamente applicabili alle Regioni e Province autonome e, certamente non sono astrattamente applicabili i paragrafi 2.1. e 17 a quelle Regioni e Province autonome con competenza esclusiva in materia di paesaggio;

– il principio di derivazione comunitaria della massima diffusione degli impianti di energia da fonte rinnovabile può trovare eccezione in presenza di esigenze di tutela della salute, paesaggistico-ambientale e dell’assetto urbanistico del territorio (Corte cost., n. 13 del 2014 e n. 224 del 2012), ma la compresenza dei diversi interessi coinvolti, tutti costituzionalmente rilevanti, ha, come luogo elettivo di composizione, il procedimento amministrativo, come previsto al paragrafo 17.1 delle linee guida, approvate con D.M. 10 settembre 2010, ai sensi del comma 10 del citato articolo 12 del d.lgs. n. 387 del 2003. Invero, è nella sede procedimentale che può e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l’interesse del soggetto privato operatore economico, sia ancora con ulteriori interessi di cui sono titolari i singoli cittadini e le comunità (sentenza n. 69 del 2018);

– il menzionato d. lgs. n. 387 del 2003 e le linee guida approvate con d.m. del 10 settembre 2010, si rivolgono nella loro «interezza» alle sole Regioni ordinarie (Corte cost., n. 224 del 2012);

– le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano sono fatte salve in forza della «clausola di salvezza» di cui all’art. 19 del d. lgs. n. 387 del 2003; purtuttavia la competenza legislativa delle Regioni a statuto speciale e delle Provincie autonome deve coesistere con la competenza statale in materia di tutela dell’ambiente e con quella concorrente in materia di energia (Corte cost., n. 275 del 2011);

– la competenza primaria attribuita ad una Regione speciale o ad una Provincia autonoma, in materia di tutela del paesaggio, da un lato, rende inapplicabili alle suddette autonomie speciali le Linee guida nella loro interezza, ma dall’altro lato non esonera le medesime autonomie speciali dall’osservanza delle disposizioni a carattere generale contenute nelle menzionate Linee guida (Corte cost. n. 224 del 2012, cit., e n. 168 del 2010);

– non sono comunque ammissibili, nei confronti delle autonomie speciali, «vincoli puntuali e concreti» da parte dello Stato (Corte cost., n. 275 del 2011, cit.);

– a fronte della generale utilizzabilità di tutti i terreni per l’insediamento degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, le scelte di diverso avviso ad effetto limitativo — compiute in particolare dalle Regioni a statuto speciale, titolari di una competenza legislativa primaria in determinate materie, nell’ambito delle quali vengono poste particolari limitazioni alla diffusione dei suddetti impianti — devono essere valutare «non alla stregua dei criteri generali validi per tutte le Regioni, ma in considerazione dell’esigenza di dare idonea tutela agli interessi sottesi alla competenza legislativa statutariamente attribuita» (Corte cost., n. 224 del 2012, cit.);

– rimane fermo il divieto, valido anche per le Regioni a statuto speciale, di invertire il criterio stabilito dal legislatore statale, dovendo comunque le Regioni indicare le aree «non idonee» alla installazione degli impianti (Corte cost., n. 199 del 2014), e non potendo comunque introdurre divieti aprioristici di carattere generale all’insediamento degli impianti de quibus (Corte cost. n. 148 del 2019, n. 69 del 2018 e n. 13 del 2014).

Ciò detto, quanto alla Regione Siciliana, va affermata l’operatività in ambito regionale sia del d. lgs. n. 387 del 2003, sia del d. lgs. n. 28 del 2011 sia – in parte qua – delle Linee guida statali del 10 settembre 2010: con l’art. 105 l.r. sic. n. 11 del 2010 la Regione Siciliana ha previsto l’adozione di apposito decreto attuativo del Presidente della Regione, il quale è poi intervenuto (n. 48 del 2012), operando, in parte qua e per quanto qui di interesse, un rinvio al d.m. statale sopracitato (anche con riferimento) gli impianti fotovoltaici, salve le ulteriori disposizioni dettate dal medesimo regolamento, qui irrilevanti.

Ora, l’art. 12, comma 7 d. lgs. n. 387 del 2003 prevede che «Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici» e che «Nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale […]». In attuazione di tale disciplina, le Linee guida stabiliscono che «le Regioni e le Province autonome possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti» (paragrafo 17.1), avvalendosi dell’iter procedimentale di seguito indicato. La Regione deve, dunque, compiere «un’apposita istruttoria, avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale» (paragrafo 17.1 Linee guida).

All’esito di tale istruttoria, la Regione procede ad indicare, nell’atto di pianificazione, la non idoneità di ciascuna area «in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti», motivando le incompatibilità con riferimento agli obiettivi di protezione perseguiti dalle disposizioni, che sono state individuate tramite la ricognizione effettuata sulla scorta dell’art. 12, comma 7, del d.lgs. n. 387 del 2003.

Le aree non idonee confluiscono, pertanto, nell’atto di pianificazione con cui le Regioni e le Province autonome «conciliano le politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili, tenendo conto di quanto eventualmente già previsto dal piano paesaggistico e del necessario rispetto della quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing)» (paragrafo 17.2).

L’art. 20 d. lgs. n. 199 del 2021, stabilisce, per quanto qui di interesse, che «[…] Le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell’ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee».

Premesso che la mancata adozione dei decreti ministeriali previsti dal citato d.lgs. n. 199 del 2021 ne impedisce allo stato la piena e compiuta operatività (e non può impedire alla Regione di esercitare la propria competenza, cfr. Corte cost. n. 216 del 2022), nel caso della Regione Siciliana lo specifico atto di individuazione delle aree non idonee, quanto agli impianti fotovoltaici, non risulta essere ancora intervenuto (per precisione, soltanto con d.Pr. Reg. sic. 8 aprile 2022 n. 524, pubblicato nella GURS n. 18 del 2022, è stata nominata un’apposita commissione che dovrà provvedere agli adempimenti propedeutici).

Dal quadro normativo sopra tratteggiato derivano alcune rilevanti implicazioni sostanziali.

La prima, la quale vede i Comuni del tutto estranei a tale attività di pianificazione sia sulla base delle linee guida, sia sulla base del d. lgs.n. 199 del 2021.

La seconda, volta a sottolineare, quanto alle Linee guida, che l’indicazione che possono fornire le Regioni in merito alla non idoneità di determinate aree ad accogliere la costruzione di impianti per la produzione di energie rinnovabili è espressamente riferita alla segnalazione di aree non idonee «in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti». Spetta, pertanto, all’atto regionale (e non alla norma locale generale e astratta) individuare le incompatibilità di determinate aree, in relazione al tipo e alle dimensioni (e, dunque, anche alla potenza) degli impianti.

La terza, volta ad evidenziare, sempre in relazione alle linee guida, che l’atto di pianificazione della Regione, nell’individuare le aree non idonee, non può comportare un divieto assoluto, bensì serve a segnalare «una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione» e, dunque, ha la funzione di «accelerare» la procedura (paragrafo 17.1). Osserva, in proposito, la giurisprudenza amministrativa che «trattasi non di impedimento assoluto, ma di valutazione di “primo livello”», che impone poi di verificare «in concreto, caso per caso, se l’impianto così come effettivamente progettato, considerati i vincoli insistenti sull’area, possa essere realizzabile, non determinando una reale compromissione dei valori tutelati dalle norme di protezione (dirette) del sito, nonché di quelle contermini (buffer)» (Cons. Stato, sez. IV, n. 2848 del 2021).

Tale complessivo assetto – che attiene ai poteri delle regioni e non degli enti locali territoriali – non può che far concludere per il difetto di attribuzioni dei comuni (anche) della Regione Siciliana.

La sentenza ha poi espresso due considerazioni finali.

La prima considerazione è volta a rilevare che, nella disciplina relativa all’autorizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, una normativa che a qualsiasi livello non rispetti la riserva di procedimento amministrativo e, dunque, non consenta di operare un bilanciamento in concreto degli interessi, strettamente aderente alla specificità dei luoghi, impedisce la migliore valorizzazione di tutti gli interessi pubblici implicati e, di riflesso, viola il principio, conforme alla normativa dell’Unione europea, della massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili (Corte cost., sentenza n. 286 del 2019, in senso analogo, ex multis, sentenze n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011).

Una seconda considerazione attiene all’evoluzione dell’ordinamento UE. Lo schema di nuovo Regolamento (UE) del Consiglio che istituisce il quadro per accelerare la diffusione delle energie rinnovabili evidenzia (v. considerando 10) come: «L’energia solare è una fonte rinnovabile determinante per porre fine alla dipendenza dell’Unione dai combustibili fossili russi, e perseguire nel contempo la transizione verso un’economia climaticamente neutra».

L’art. 3 del predetto schema di regolamento prevede che «la pianificazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, la loro connessione alla rete, la rete stessa, gli impianti di stoccaggio sono considerati d’interesse pubblico prevalente e d’interesse per la sanità e la sicurezza pubblica nella ponderazione degli interessi giuridici nei singoli casi […]. Gli Stati membri possono limitare l’applicazione di tali disposizioni a determinate parti del loro territorio nonché a determinati tipi di tecnologie o a progetti con determinate caratteristiche tecniche, conformemente alle priorità stabilite nei rispettivi piani nazionali integrati per l’energia e il clima».

Tale quadro, oggi, ancor di più spinge verso una negazione, in tale ambito, dell’autonomia decisionale degli enti locali territoriali.

Avv. Vittorio Fiasconaro


Vittorio Fiasconaro

Di Vittorio Fiasconaro

Laureato nel 1991, consegue il dottorato di ricerca in Filosofia del Diritto nel 1997. Nel 1994 si iscrive all’Albo. Dal 1996 al 2007 dirige, dopo aver vinto il concorso, l’Ufficio Legale del Comune di Pantelleria (TP) e poi quello del Comune di Bagheria (PA). Dal 2004 al 2011 insegna Diritto Amministrativo e Diritto Processuale Amministrativo alla Scuola Sant’Alfonso di Palermo. Nel 2009 si iscrive all’Albo degli avvocati esercenti innanzi alla Corte di Cassazione. Oggi fa parte del Foro di Termini Imerese. Ha al suo attivo centinaia di giudizi in cui si e’ costituito dinanzi alla Giurisdizione Amministrativa.