In caso di smarrimento della pratica edilizia, quali doveri incombono sul Comune ?

Foto di Emilia Machì

Frequentemente una pratica edilizia risulta smarrita, soprattutto se molto risalente nel tempo.

Quali sono i principi sul comportamento che deve tenere il Comune in questi casi?

Li ricaviamo da alcune sentenze amministrative.

1.

Iniziamo dal C.g.a. (sentenza n. 601 del 2022)

Il punto di partenza è il fatto che lo smarrimento della documentazione si presenta quale fatto assolutamente eccezionale e deve essere adeguatamente giustificato.

In genere, il non reperimento di una pratica edilizia emerge in esito ad un istanza di accesso gli atti.

In tal senso il principio è quello secondo cui il privato in sede di accesso non può onerare l’Amministrazione di attività di elaborazione o formativa di documenti: ciò nondimeno, laddove il cittadino richieda atti che l’Amministrazione dovrebbe possedere, può ben essere a questa richiesto un quantum di attività ulteriore, che consenta di soddisfare (ove possibile, e con il solo limite della impossibilità) l’esigenza dell’istante. E’ stato così ritenuto illegittimo il diniego di accesso alla pratica riguardante un’autorizzazione edilizia quando esso si fonda unicamente sulla mera dichiarazione di irreperibilità dei documenti oggetto della richiesta ostensiva, senza dare puntuale conto delle modalità di conservazione degli atti invocati in visione, delle ragioni del loro smarrimento e delle ricerche in concreto compiute. Oppure , se la documentazione a cui si domanda l’accesso non fosse più esistente, l’amministrazione – che si assumerà formalmente la responsabilità di quanto dichiarato, non essendo a ciò sufficiente una mera dichiarazione del difensore resa nel corso di un processo, ovvero una affermazione contenuta in una memoria difensiva – dovrà ciò attestare in un apposito atto, chiarendo dove essa possa essere reperita o in che occasione sia andata distrutta.

Nel caso affrontato dal C.g.a., i Giudici hanno reputato indispensabile ai fini del decidere la richiesta al Comune di una dettagliata relazione al fine di specificare:

-se sono state eseguite con la massima accuratezza e diligenza sollecite ricerche per rinvenire i documenti in argomento, destinando all’uopo idonee risorse in termini di personale e tempo;

-se, nelle more, è stata rinvenuta ulteriore documentazione rispetto a quella trasmessa in precedenza;

– se la ricerca della documentazione è stata estesa presso altre Amministrazioni o soggetti privati i quali siano in possesso di copia della documentazione richiesta;

-se il fascicolo del procedimento possa essere ricostruito, anche ricorrendo alla collaborazione della parte privata, o di altre amministrazioni.

Si può quindi ritenere che tale criterio sarà utilizzato in futuro nei confronti degli Uffici Tecnici che non reperiscono i fascicoli.

2.

In un altro caso sottoposto al Consiglio di Stato (sentenza n. 762 del 2021) è stato chiarito come se la documentazione (della quale l’Amministrazione ha sostenuto la mancata presentazione) in realtà risultava dichiaratamente allegata alla originaria istanza, se ne deve desumere che il mancato rinvenimento sia ascrivibile a smarrimento imputabile all’ente che ha istruito la pratica. Una volta che l’ufficio abbia accettato la domanda recante l’indicazione di specifici allegati, la loro presenza nel dossier deve presumersi agli atti dell’Ente che risponde della successiva irreperibilità dei documenti, soprattutto se il Comune non dà puntuale conto delle modalità di conservazione degli atti e delle ragioni del loro smarrimento.

3.

Il Tar Napoli (sentenza n. 5922 del 2019 ) ha invece affrontato il caso in era stata adottata una ordinanza di demolizione in epoca successiva alla presentazione della domanda di sanatoria edilizia (art. 36 T.U. Edilizia) senza che questa fosse stata definita.

Come è noto, l’istanza di sanatoria obbliga l’Amministrazione a valutare il carattere abusivo dell’opera, al fine di verificarne l’eventuale sanabilità: la conservazione di opere edili realizzate sine titulo, ma conformi alla disciplina urbanistica vigente (risultato cui è finalizzato l’istituto dell’accertamento di conformità ex art. 36 cit.) non può dirsi – infatti – in contrasto con il pubblico interesse. Il rilascio del titolo edilizio in sanatoria renderebbe legittime le opere e non applicabile alcuna sanzione.

Nella fattispecie, il Comune aveva ingiunto la demolizione delle opere abusive senza prima concludere il procedimento di sanatoria instaurato in precedenza, ma limitandosi a dichiarare “smarrita” la relativa pratica che pure risulta annoverata nei Registri del Comune.

I Giudici hanno rilevato che l’insussistenzaa di elementi atti a far ritenere che il procedimento si fosse concluso – tacitamente – in senso sfavorevole per la ricorrente. E dopo avere constatato che non vi era contezza dell’epoca di smarrimento della pratica, hanno concluso che non appariva implausibile che la stessa non fosse mai stata istruita e che, addirittura, potesse essere stata smarrita immediatamente dopo la sua presentazione (con la conseguenza che tale smarrimento avrebbe impedito il decorso del termine di sessanta giorni scaduto il quale – in assenza di un provvedimento espresso – l’art. 36 d.P.R. cit. impone di ritenere formato il silenzio diniego.

In definitiva, l’ordinanza di demolizione è stata annullata.

Avv. Vittorio Fiasconaro

Contattaci…


Vittorio Fiasconaro

Di Vittorio Fiasconaro

Laureato nel 1991, consegue il dottorato di ricerca in Filosofia del Diritto nel 1997. Nel 1994 si iscrive all’Albo. Dal 1996 al 2007 dirige, dopo aver vinto il concorso, l’Ufficio Legale del Comune di Pantelleria (TP) e poi quello del Comune di Bagheria (PA). Dal 2004 al 2011 insegna Diritto Amministrativo e Diritto Processuale Amministrativo alla Scuola Sant’Alfonso di Palermo. Nel 2009 si iscrive all’Albo degli avvocati esercenti innanzi alla Corte di Cassazione. Oggi fa parte del Foro di Termini Imerese. Ha al suo attivo centinaia di giudizi in cui si e’ costituito dinanzi alla Giurisdizione Amministrativa.