L’emissione e la notifica di una ordinanza di demolizione configura in capo al destinatario l’obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi in ossequio, appunto, a quanto disposto nell’ordinanza.
La giurisprudenza amministrativa, nel corso degli ultimi anni, ha fornito importanti chiarimenti in ordine alle conseguenze connesse alla mancata demolizione entro i termini, alla rilevanza del tempo trascorso tra l’accertamento e l’emissione dell’ordinanza etc…
Con il presente contributo si cercherà di fornire un quadro d’insieme relativo alle seguenti questioni problematiche:
- Ordinanza di demolizione e comunicazione di avvio di procedimento
Invero, per giurisprudenza pacifica l’ordinanza di demolizione non necessita di tale preavviso in quanto atto vincolato che non potrebbe avere un contenuto diverso (cfr. Cons. Stato, sez. II, 24 marzo 2020, n. 2051; Cons. Stato, sez. II, 23 gennaio 2020, n. 561; Cons. Stato, sez. II, 11 dicembre 2019, n. 8422; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 3 giugno 2020, n. 1259).
In questo senso, “l’ordine di demolizione conseguente all’accertamento della natura abusiva delle opere edilizie realizzate, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto;
L’ordinanza va emanata senza indugio e in quanto tale non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento trattandosi di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato che si ricollega ad un preciso presupposto di fatto cioè l’abuso di cui peraltro l’interessato non può non essere a conoscenza, rientrando direttamente nella sua sfera di controllo (arg. ex Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. giur., 25 novembre 2019, n. 976; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 25 marzo 2020, -OMISSIS-96; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 18 febbraio 2020, n. 297)” (T.A.R. Catania, sez. I, sent. n. 2762/2021; in senso analogo: sez. I, n. 1809/2022; sez. II, sent. n. 1841/2022; sez. II, sent. -OMISSIS-11/2022; sez. III, sent. n. 258/2022).
2. Legittimo affidamento e decorso del tempo
Invero, non è radicalmente prospettabile un legittimo affidamento del privato, che non può neppure dolersi dell’eventuale ritardo con cui l’amministrazione abbia emanato il provvedimento (Cons. Stato, Sez. VII, sent. n. 8987/2022), costituendo la repressione degli abusi edilizi atto dovuto della p.a., riconducibile all’esercizio di un potere vincolato.
In questo senso, infatti, “la mera inerzia da parte dell’Amministrazione nell’esercizio di un potere – dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico – qual è quella del ripristino della legalità violata nelle attività di trasformazione edilizia del terreno – non è per certo idonea a far divenire legittimo ciò che è sin dall’origine illegittimo, ossia l’edificazione sine titulo. Allo stesso modo, tale inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere legittimo in capo al proprietario che ha realizzato l’abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata.
Infatti, la sanzione repressiva in materia edilizia costituisce atto dovuto della P.A., riconducibile all’esercizio di un potere vincolato, in mera dipendenza dell’accertamento dell’abuso, con la conseguenza che il provvedimento sanzionatorio non richiede una particolare motivazione, essendo sufficiente la mera rappresentazione del carattere illecito dell’opera realizzata; né tale necessaria previa comparazione dell’interesse pubblico alla repressione dell’abuso – che è in re ipsa – con l’interesse del privato proprietario del manufatto si impone quand’anche l’intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla commissione dell’abuso” (cfr. T.A.R. Roma, sez. II, n. 12023/2020).
3. Ordinanza emessa dopo un lungo lasso di tempo dall’accertamento
L’attività di repressione degli abusi edilizi non costituisce attività discrezionale, ma del tutto vincolata, non è assoggettata ad alcun termine decadenziale e non abbisogna di particolare motivazione anche quando sia trascorso un lungo periodo di tempo tra l’epoca della commissione dell’abuso e la data dell’adozione dell’ingiunzione di demolizione, poiché l’ordinamento tutela l’affidamento solo qualora esso sia incolpevole, mentre la realizzazione e il consapevole mantenimento in loco di un’opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del privato contra legem (Consiglio di Stato, sez. VI , n. 4580/2017; Consiglio di Stato, sez. VI, sent. n. 1953/2022), essendo sufficiente, ai fini motivazionali, fare riferimento all’accertata abusività delle opere che si ingiunge di demolire.
4. Opere realizzate dal vecchio proprietario
Sul punto, è ius receptum che “Ai fini della legittimazione passiva del soggetto destinatario di un ordine di demolizione, l’art. 31, D.P.R. -OMISSIS-80/2001, nell’individuare i soggetti colpiti dalle misure repressive nel proprietario e nel responsabile dell’abuso, considera evidentemente quale soggetto passivo della demolizione il soggetto che ha il potere di rimuovere concretamente l’abuso; potere che compete indubbiamente al proprietario, anche se non responsabile in via diretta, in quanto il presupposto per l’adozione di un’ordinanza di ripristino non coincide con l’accertamento di responsabilità storiche nella commissione dell’illecito, ma è correlato all’esistenza di una situazione dei luoghi contrastante con quella codificata nella normativa urbanistico-edilizia e all’individuazione di un soggetto il quale abbia la titolarità a eseguire l’ordine ripristinatorio, ossia il proprietario, in virtù del suo diritto dominicale. L’ordine di natura reale è, quindi, correttamente rivolto al proprietario a prescindere dalla responsabilità dello stesso nella realizzazione dell’illecito che investe il diverso tema relativo alla sanzione amministrativa o al provvedimento acquisitivo” (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 2 ottobre 2020, n. 1768; cfr. anche Cons. Stato, sez. VI, 24 maggio 2022, n. 4115; T.A.R. Catania sez. I, 17 ottobre 2022, n. 2712; Consiglio di Stato sez. VI, sent. n. 8319/2022).
5. Fiscalizzazione dell’abuso
Invero, per quanto concerne il trattamento sanzionatorio previsto per le ipotesi di difformità totale o parziale dei manufatti, la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria in sostituzione a quella demolitoria ex art. 34 d.p.r. 380/2001 riguarda solo gli abusi meno gravi riferibili all’ipotesi della parziale difformità dal titolo abilitativo (in ragione del minor pregiudizio causato all’interesse urbanistico) e dell’annullamento del permesso di costruire (in ragione della tutela dell’affidamento che il privato ha posto nel titolo edilizio a suo tempo rilasciato e, poi, fatto oggetto di autotutela e della circostanza che l’opera è stata costruita comunque sulla base di un provvedimento abilitativo). Viceversa, con riferimento alle ipotesi di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, come nel caso in esame, la sanzione della demolizione e della riduzione in pristino rimane l’unica applicabile, quale strumento per garantire l’equilibrio urbanistico violato (cfr. Cons. Stato sez. VI, n. 2273/2022
Inoltre, “l’applicabilità della sanzione pecuniaria in deroga alla regola generale della demolizione, propria degli illeciti edilizi, presuppone la dimostrazione della oggettiva impossibilità di procedere alla demolizione delle parti difformi senza incidere, sul piano delle conseguenze materiali, sulla stabilità dell’intero edificio. Inoltre, l’applicabilità, o meno, della sanzione pecuniaria può essere decisa dall’Amministrazione solo nella fase esecutiva dell’ordine di demolizione e non prima, sulla base di un motivato accertamento tecnico. La valutazione, cioè, circa la possibilità di dare corso all’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella ripristinatoria costituisce una mera eventualità della fase esecutiva, successiva alla ingiunzione a demolire: con la conseguenza che la mancata valutazione della possibile applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva non può costituire un vizio dell’ordine di demolizione, ma, al più, della successiva fase riguardante l’accertamento delle conseguenze derivanti dall’omesso adempimento al predetto ordine di demolizione e della verifica dell’incidenza della demolizione sulle opere non abusive” (T.A.R. Catania, sez. I, sent. n. 1075/2021; id. n. 578/2019).
In ogni caso, non spetta all’Amministrazione, bensì al destinatario dell’ordine di demolizione che invochi l’applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva, dare piena prova della sussistenza dei presupposti fissati dall’art. 34, d.P.R. -OMISSIS-80/2001 per accedere al beneficio in questione. In particolare, spetta all’istante dimostrare il pregiudizio sulla struttura e sulla fruibilità arrecato alla parte non abusiva dell’immobile dalla demolizione della parte abusiva e che tale pregiudizio sia evitabile esclusivamente con la fiscalizzazione dell’abuso (cfr. T.A.R. Napoli, sez. III, sent. n. 2188/2021).
Avv. Cannizzo Antonino
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