L’inserimento di clausole e condizioni all’interno del permesso di costruire. Individuazione dei limiti applicativi

Il rilascio di un permesso di costruire può essere subordinato all’acquisizione di ulteriori provvedimenti da parte di altri Enti? Il Comune può inserire delle condizioni all’interno del pdc?

Il C.G.A.R.S., con la sentenza n. 70 del 18.01.2023, richiamando precedenti pronunce del Consiglio di Stato, ha delineato i limiti all’inserimento di clausole, prescrizioni, condizioni etc… all’interno di un permesso di costruire.

La tutela dell’ambiente “giustifica” l’inserimento di alcune clausole

Con particolare riferimento all’apposizione di condizioni ad un titolo edilizio, è stato chiarito che: “non è di per sé vietato, anzi è ammissibile, inserire nel provvedimento di concessione edilizia, in via generale ed in mancanza di specifiche disposizioni di legge contrarie, prescrizioni a tutela sia dell’ambiente, sia del tessuto e del decoro abitativo, in quanto tali clausole, che esattamente sono dette “prescrizioni”, semplificano la procedura, giacché senza di esse occorrerebbe respingere l’istanza del privato (spiegando i punti del progetto che devono essere rivisti), ripresentare il progetto e, poi, riapprovare il progetto emendato” (Consiglio di Stato sez. VI, 09/11/2018, n.6327).

Condizione sospensiva o risolutiva: “divieto” di inserimento

Una condizione, sia essa sospensiva o risolutiva, non può essere apposta ad una concessione edilizia, stante la natura di accertamento costitutivo a carattere non negoziale del provvedimento; ne consegue che, a parte tali limitazioni, la concessione edilizia, una volta riscontratane la conformità alla vigente disciplina urbanistica, deve essere rilasciata dal comune senza condizioni che non siano espressamente previste da una norma di legge. (Consiglio di Stato sez. IV, 19/04/2018, n.2366; (Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2001, n. 1702; conforme Cons. Stato, sez. IV, 16 aprile 2014, n. 1891; sez. IV, 06 giugno 2011, n. 3382).

Il pdc condizionato: in quali ipotesi il suo rilascio è legittimo

Con specifico e limitato riferimento all’ipotesi del permesso condizionato all’acquisizione di un atto da altra pubblica amministrazione, secondo il Consiglio di Stato, “la modalità procedurale di rilasciare permessi di costruire condizionati deve considerarsi legittima, avuto riguardo alle esigenze generali di complessiva speditezza ed efficienza dell’azione amministrativa, nonché per l’effetto non neutro del passaggio del tempo per i destinatari dell’atto. Infatti, in applicazione del generale principio di proporzionalità, implicante minimo possibile sacrificio degli interessi coinvolti, l’amministrazione pubblica deve responsabilmente scegliere, nell’esercizio delle proprie funzioni, il percorso – ove necessario coordinato con quello di altre amministrazioni – teso a non aggravare inutilmente la situazione dei destinatari dell’azione amministrativa, come prescritto anche dall’art. 1, comma 2, l. 7 agosto 1990 n. 241; mentre, costituisce inutile aggravio procedurale (perché non bilanciato da una sufficiente ragione di interesse pubblico) l’arresto di un procedimento, che può invece proseguire sotto la condizione sospensiva del perfezionamento di altra procedura presupposta” (Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5615; conforme Cons. Stato, sez. IV, 25 giugno 2013, n. 3447).

Relazione di fattibilità allegata al pdc: secondo il Consiglio di Stato è una prescrizione illegittima

Il Consiglio di Stato ha ritenuto illegittima la prescrizione secondo cui, prima dell’avvio dei lavori di costruzione di una autorimessa interrata, “dovesse essere acquisita una relazione univoca sulla fattibilità dell’intervento, sotto il profilo strutturale, concordata con i condomini confinanti: ciò per la ragione che tale prescrizione realizzava un aggravio del procedimento, finiva per condizionare il permesso all’esecuzione di lavori da effettuarsi secondo modalità determinabili solo in un momento successivo, e inoltre rendeva dei terzi estranei sostanzialmente arbitri della decisione.” (Consiglio di Stato sez. IV, 19/04/2018, n.2366)

Conclusioni

L’esame delle pronunce consente, in conclusione, di ritenere, in generale, legittima la prassi di apporre condizioni ad un titolo edilizio, purché queste siano previste dalla legge o comunque rispondano a rilevanti esigenze di interesse pubblico e, inoltre, non siano idonee a snaturare il contenuto tipico del provvedimento stesso, essendo coerenti con il fine pubblico previsto dalla norma attributiva del potere” (Cons. St., sez. VI, 12 maggio 2022, n. 3738).

Corollario e conseguenza dei principi appena riaffermati è che le eventuali condizioni apposte in violazione di legge ad un titolo edilizio debbono essere ritenute, eventualmente, illegittime e come tali il relativo vizio deve essere dedotto nei termini e con le modalità previste dal codice del processo amministrativo al fine di ottenerne l’annullamento.


Antonio Cannizzo

Di Antonio Cannizzo

Nasce a Palermo nel 1987 e dopo la maturità Classica si laurea nel 2014 presso l’università degli studi di Palermo, presentando una tesi dal titolo “Le misure precautelari minorili”. Abilitato all’esercizio della professione di Avvocato è regolarmente iscritto all’Albo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Termini Imerese ed è Titolare di uno Studio Legale in Bagheria. Nel 2020, insieme all'Avv. Fiasconaro, fonda il blog "Urbanistica in Sicilia". Nel 2021 consegue un master di 1° livello in diritto urbanistico discutendo una tesi dal titolo "Danno da affidamento procedimentale e i profili di giurisdizione".