Scia alternativa al permesso di costruire e segnalazione opere abusive. I poteri di cui dispone la P.A. dopo la segnalazione

Scia alternativa al permesso di costruire e segnalazione opere abusive. I poteri di cui dispone la P.A. dopo la segnalazione

Con la sentenza n. 385 del 28 aprile 2021 il C.G.A.R.S. si è soffermato sulla problematica relativa alla tutela della posizione del terzo che si reputa danneggiato da una scia alternativa al permesso di costruire, avente ad oggetto la realizzazione di opere nei terreni confinanti.

In via preliminare, il CGA analizza il quadro normativo di riferimento precisando che:

– né la legge n. 124 del 2015, né i decreti legislativi n. 126 e n. 222 del 2016, sono intervenuti sulla disposizione introdotta dal legislatore del 2011, lasciando invariato il comma 6 ter dell’art. 19 della l. 241 del 1990 il quale prevede che “La segnalazione certificata di inizio attività, la denunciae la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente  impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di  inerzia,  esperire  esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.”;

– anche a seguito della riforma attuata mediante gli interventi normativi suindicati, il terzo, a fronte della SCIA da cui assume di essere leso, ha l’onere di presentare un’istanza volta a sollecitare i poteri di controllo da parte dell’Amministrazione, al fine di verificare la liceità dell’attività intrapresa e la legittimità della SCIA presentata, ossia la sussistenza dei requisiti e delle condizioni previste dalla legge ed eventualmente, in caso di esito negativo di questa verifica, esercitare il doveroso potere di garanzia di legalità.

Dunque, solo in caso di inerzia dell’Amministrazione il privato potrà esperire l’azione di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a. (ricorso avverso il silenzio).

Il rapporto tra richiesta-diffida avanzata dal privato ed i provvedimenti da adottare da parte della p.a. è stato oggetto di disamina della Corte costituzionale con la nota sentenza n. 45 del 2019, richiamata altresì dalla Corte nella successiva sentenza n. 153 del 2020.

In particolare, la Corte ha precisato che:

l’art. 19 della legge n. 241 del 1990 prevede che all’immediata intrapresa dell’attività oggetto di segnalazione si accompagnino successivi poteri di controllo dell’amministrazione, più volte rimodulati, da ultimo dall’art. 6 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche).

In particolare, il comma 3 dell’art. 19 attribuisce alla PA un triplice ordine di poteri (inibitori, repressivi e conformativi), esercitabili entro il termine ordinario di sessanta giorni dalla presentazione della SCIA, dando la preferenza a quelli conformativi, «qualora sia possibile»; mentre il successivo comma 4 prevede che, decorso tale termine, quei poteri sono ancora esercitabili «in presenza delle condizioni» previste dall’art. 21-novies della stessa legge n. 241 del 1990.

Quest’ultimo, a sua volta, disciplina l’annullamento in autotutela degli atti illegittimi, stabilendo che debba sussistere un interesse pubblico ulteriore rispetto al ripristino della legalità, che si operi un bilanciamento fra gli interessi coinvolti e che, per i provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei privati, il potere debba essere esercitato entro il termine massimo di diciotto mesi.

Il comma 6-bis dell’art. 19 applica questa disciplina anche alla SCIA edilizia, riducendo il termine di cui al comma 3 da sessanta a trenta giorni e prevedendo, inoltre, che, «restano […] ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali».

La conclusione cui perviene la Corte è esplicita:

Le verifiche cui è chiamata l’amministrazione ai sensi del comma 6-ter sono dunque quelle già puntualmente disciplinate dall’art. 19, da esercitarsi entro i sessanta o trenta giorni dalla presentazione della SCIA (commi 3 e 6-bis), e poi entro i successivi diciotto mesi (comma 4, che rinvia all’art. 21-novies).

Decorsi questi termini, la situazione soggettiva del segnalante si consolida definitivamente nei confronti dell’amministrazione, ormai priva di poteri, e quindi anche del terzo.

Questi, infatti, è titolare di un interesse legittimo pretensivo all’esercizio del controllo amministrativo, e quindi, venuta meno la possibilità di dialogo con il corrispondente potere, anche l’interesse si estingue”.

I provvedimenti che l’Amministrazione deve adottare, quindi, sono differenti a seconda che la stessa venga sollecitata entro i termini inibitori, quelli dell’autotutela o ancora successivamente.

Secondo il CGA, dunque, nel primo caso il provvedimento da emanare a seguito della diffida del privato è vincolato nell’an e nel quomodo.

L’Amministrazione è obbligata a rispondere alla sollecitazione del privato e deve impedire l’attività edilizia in corso, se la stessa non risulta conforme alla legge e ai vigenti strumenti urbanistici.

La natura vincolata del potere fa sì che il giudice amministrativo, adito mediante ricorso avverso il silenzio, possa pronunziarsi anche sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, purché non siano necessari adempimenti istruttori che devono essere compiuti dall’amministrazione.

Laddove sia scaduto il termine “breve” previsto per l’esercizio dei poteri inibitori, permangono dei poteri in capo alla p.a. Invero, a fronte di una istanza del terzo controinteressato, quale il vicino che si ritiene danneggiato, la p.a. deve obbligatoriamente dar luogo all’inizio del procedimento. Tuttavia, si tratta di potere discrezionale riconducibile, in senso atecnico, all’autotutela, per cui sottende necessariamente alla valutazione circa la sussistenza del pubblico interesse.

In tal caso, a fronte dell’inerzia della p.a., il vicino potrà proporre azione avverso il silenzio.

La natura discrezionale del potere di autotutela fa sì che il giudice amministrativo possa censurare l’inadempimento dell’obbligo di iniziare e concludere il procedimento, ma non anche condannare l’amministrazione all’adozione del provvedimento.

La Corte costituzionale, nelle sentenze indicate in precedenza, non omette di rilevare che dopo lo spirare del secondo termine (18 mesi) il confinante resterebbe privo di tutela, essendo decorsi i termini che consentono alla p.a. di esercitare i relativi poteri.

Ciò da un lato consente di assicurare certezza e stabilità dei titoli che legittimano le realizzazioni edilizie; tuttavia, il rischio è che il terzo controinteressato risulti privo di una tutela effettiva.

Al fine di assicurare la tutela dei diritti in capo al terzo, risulta fondamentale che i termini decorrano da quando il vicino ha consapevolezza non del mero invio della scia, ma dell’inizio dell’attività di realizzazione dell’immobile.

Del resto la verifica che l’Amministrazione compie non attiene ad un provvedimento amministrativo, rilevando una scia, ma su una attività che viene intrapresa.

In conclusione, nella sentenza in commento, il CGA ha precisato che:

– la p.a. deve agire e, verificata l’eventuale illegittimità dell’attività posta in essere, esercitare eventualmente, i poteri dell’autotutela;

– il provvedimento da adottare è certamente obbligatorio per garantire la tutela dell’interesse del terzo che si ritiene leso nei propri diritti, ma il contenuto dello stesso non è vincolato dovendo la p.a. porre in essere un’attività finalizzata a verificare il rispetto delle norme che governano l’uso del territorio, ed in caso di accertata violazione, ponderare i contrapposti interessi con giudizio certamente discrezionale;

– conseguentemente il giudice deve limitarsi ad accertare l’obbligo in capo alla p.a. di provvedere, ma non potrà delibare in merito alla fondatezza della pretesa che si intende fare valere.

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Vittorio Fiasconaro
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Di Vittorio Fiasconaro

Laureato nel 1991, consegue il dottorato di ricerca in Filosofia del Diritto nel 1997. Nel 1994 si iscrive all’Albo. Dal 1996 al 2007 dirige, dopo aver vinto il concorso, l’Ufficio Legale del Comune di Pantelleria (TP) e poi quello del Comune di Bagheria (PA). Dal 2004 al 2011 insegna Diritto Amministrativo e Diritto Processuale Amministrativo alla Scuola Sant’Alfonso di Palermo. Nel 2009 si iscrive all’Albo degli avvocati esercenti innanzi alla Corte di Cassazione. Oggi fa parte del Foro di Termini Imerese. Ha al suo attivo centinaia di giudizi in cui si e’ costituito dinanzi alla Giurisdizione Amministrativa.