Si applica il silenzio assenso sul parere paesaggistico reso nel procedimento di condono del 2003 in Sicilia ? Risposta affermativa dal Tar Palermo

Foto di Emilia Machì

Il caso (affrontato con la sentenza n. 2400 del 25 luglio 2022) riguardava un ampliamento di un dammuso (tipica costruzione in pietra dell’isola di Pantelleria).

L’interessato aveva presentato, in data 10/12/2004, istanza di concessione edilizia in sanatoria ai sensi della L. 326/03, volta a sanare alcuni ampliamenti e sistemazioni esterne, realizzate sull’edificio esistente, e a tal fine aveva inoltrato, il 19/01/2005, alla competente Soprintendenza la richiesta di parere paesaggistico.

In data 26.10.2009 la Soprintendenza BB.AA.CC. di Trapani esprimeva valutazione negativa sull’accertamento di compatibilità Paesaggistica con dichiarazione di danno grave.

Tale pronuncia veniva impugnata.

L’Avvocatura di Stato sosteneva da un lato che la norma invocata dal ricorrente (art. 17, comma 6, della l.r. n. 4/2003) non poteva comprendere anche i procedimenti di sanatoria di cui alla successiva norma del 24 novembre 2003 di cui alla legge n. 326/2003 (c.d. terzo condono); e dall’altro che il legislatore regionale aveva manifestato la volontà di aderire al condono ex L. 326/2003 negli stessi termini disciplinati dalla norma nazionale e pertanto in Sicilia trovava, in particolare, applicazione l’art. 32 della L. 47/1985 come e sostituito dall’art. 32, comma 43, della L. n. 326/2003, e non come recepito e modificato dalla l.r. n. 37/1985.

I Giudici hanno disatteso la tesi dell’Amministrazione.

Ciò mediante il richiamo del parere delle sezioni riunite del CGA n. 291/10, reso nell’adunanza del 31 gennaio 2012, nel quale si era già affermato che in Sicilia il divieto di sanatoria di cui all’art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella l. n. 326 del 2003, deve essere contenuto entro i limiti che la legislazione regionale esclusiva prevede all’art. 32-33 della versione regionale della l. n. 47/1985, come recepita dall’art. 23 della l.r. n. 37 del 1985. Conseguentemente il divieto in questione deve considerarsi riferito unicamente ai vincoli “assoluti” e non anche a quelli c.d. relativi, per i quali può ottenersi la concessione in sanatoria ove si realizzino tutte le altre condizioni stabilite dal predetto art. 32-33 ancora vigente nella Regione siciliana.

Nella fattispecie in esame, gli interventi si riferiscono a un immobile ubicato in una zona sottoposta a vincolo relativo, cosicché si deve affermare che gli stessi erano in linea di principio condonabili con conseguente applicazione dell’art. 17, comma 6, della l.r. 4 del 2003. Tale norma dispone, in particolare, che gli enti di tutela, ivi comprese le Soprintendenze, devono rilasciare il proprio parere entro il termine perentorio di centottanta giorni dalla data di ricezione della richiesta, decorso il quale lo stesso si intende reso favorevolmente.

Nella specie il diniego di nulla osta paesaggistico era stato adottato ben oltre il termine di 180 giorni normativamente previsto. Ne deriva (secondo il Tar) che si era formato il silenzio-assenso e che l’intervento (tardivo) della Soprintendenza non poteva che essere inquadrato nell’ambito dell’esercizio dei poteri di autotutela con conseguente necessità della comunicazione di avvio del procedimento e della puntuale esplicitazione delle ragioni d’interesse pubblico sottostanti ai sensi dell’art. 21 nonies della l. n. 241 del 1990.

Per quanto riguarda il primo profilo, costituisce jus receptum il principio secondo cui i provvedimenti di secondo grado, in quanto incidono su posizioni consolidate del privato, generate dall’avvenuto previo ottenimento di un provvedimento ampliativo, devono essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, al fine di consentire al destinatario di far valere le sue ragioni.

In merito al secondo, premesso che l’interesse pubblico specifico alla rimozione dell’atto illegittimo dev’essere integrato da ragioni differenti dalla mera esigenza di ripristino della legalità, l’apprezzamento di tale presupposto non può risolversi nella tautologica ripetizione degli interessi sottesi alla disposizione normativa, la cui violazione ha integrato l’illegittimità dell’atto oggetto del procedimento di autotutela. L’interesse pubblico, il quale legittima e giustifica la rimozione d’ufficio di un atto illegittimo, deve, pertanto, consistere nell’esigenza che quest’ultimo cessi di produrre i suoi effetti, siccome confliggenti, in concreto, con la protezione attuale di valori pubblici specifici, all’esito di un giudizio comparativo in cui questi ultimi vengono motivatamente giudicati maggiormente prevalenti su quello privato alla conservazione dell’utilità prodotta da un atto illegittimo. Sul punto e con specifico riferimento all’annullamento delle concessioni in sanatoria è di recente intervenuta anche l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che, nella decisione n. 8 del 17 ottobre 2017, ha affermato che sussiste un generale obbligo motivazionale, il quale è attenuato solo in presenza di interessi pubblici particolarmente rilevanti e autoevidenti (come nei casi di vincolo di inedificabilità assoluta o di grave rischio sismico) o di non veritiera prospettazione delle circostanze in fatto e in diritto da parte del privato.

Dunque, da un lato il silenzio assenso paesaggistico trova applicazione in Sicilia nell’ambito del c.d. terzo condono.

Dall’altro, l’eventuale intervento di annullamento in autotutela dello stesso deve rispondere a rigorosi requisiti, in assenza dei quali lo stesso è radicalmente illegittimo.

Detto orientamento giurisprudenziale è stato, inoltre, di recente fatto proprio dal legislatore regionale con l’art. 1 della L.r. 29/07/2021, n. 19, che ha introdotto l’art. 25 bis della L.R. n. 16/2016 con l’inserimento di una norma di interpretazione autentica dell’art. 24 della legge regionale 2 novembre 20004, n. 15 con la quale era stato recepito l’articolo 32 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269.

Avv. Vittorio Fiasconaro

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Vittorio Fiasconaro

Di Vittorio Fiasconaro

Laureato nel 1991, consegue il dottorato di ricerca in Filosofia del Diritto nel 1997. Nel 1994 si iscrive all’Albo. Dal 1996 al 2007 dirige, dopo aver vinto il concorso, l’Ufficio Legale del Comune di Pantelleria (TP) e poi quello del Comune di Bagheria (PA). Dal 2004 al 2011 insegna Diritto Amministrativo e Diritto Processuale Amministrativo alla Scuola Sant’Alfonso di Palermo. Nel 2009 si iscrive all’Albo degli avvocati esercenti innanzi alla Corte di Cassazione. Oggi fa parte del Foro di Termini Imerese. Ha al suo attivo centinaia di giudizi in cui si e’ costituito dinanzi alla Giurisdizione Amministrativa.