Soppresso in Sicilia il silenzio assenso in materia paesaggistica

 Soppresso in Sicilia il silenzio assenso in materia paesaggistica

Con due pronunce emesse a distanza di una settimana (e a firma dello stesso giudice relatore) la Corte Costituzionale ha eliminato dall’ordinamento giuridico siciliano il silenzio assenso in materia paesaggistica.

1.

L’art. 46 della L.R. 17/2004

Il primo a cadere è stato il silenzio assenso previsto dall’art. 46 della L. R. 17/2004 il quale prevedeva che “le autorizzazioni ad eseguire opere in zone soggette a vincolo paesistico o su immobili di interesse storico-artistico sono rilasciate o negate, ove non regolamentate da norme specifiche dalle competenti Soprintendenze entro il termine perentorio di 120 giorni”.

La sentenza n. 155 del 2021 ha dichiarato che tale norma era stata abrogata nell’anno 2011 in esito alla entrata in vigore della L.R. 5/2011. Il ragionamento svolto è il seguente: “nel 2011 l’art. 23 della legge reg. Sicilia n. 10 del 1991, di recepimento della legge n. 241 del 1990, è stato modificato dall’art. 7, comma 1, della legge della Regione Siciliana 5 aprile 2011, n. 5 nei seguenti termini: «1. Trovano applicazione nella Regione le disposizioni di cui all’articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche ed integrazioni». Il nuovo testo del citato art. 23 ha reso dunque applicabile nella Regione Siciliana l’art. 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990 (introdotto nel 2005), che esclude il silenzio-assenso nei «procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico». Dalla constatazione che si tratta di una norma di esclusione direttamente applicabile, che riguarda specificamente i procedimenti di tutela paesaggistica, si deve concludere che la sua applicazione è incompatibile con la permanente applicazione dell’art. 46, comma 2, ultimo periodo, della legge reg. Sicilia n. 17 del 2004 (che prevede il silenzio-assenso). Di conseguenza, la disposizione regionale in questione deve considerarsi abrogata a partire dal 26 aprile 2011, cioè dal momento di entrata in vigore della legge reg. Sicilia n. 5 del 2011.”

La problematica in realtà non è nuova: l’aveva posta nel 2017 lo stesso Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana con il parere n. 139, emesso nell’ambito di un ricorso straordinario. In tale occasione il Collegio aveva seccamente detto che la norma era da considerarsi abrogata.

Alcune sporadiche pronunce successive dei Tar siciliani avevano poi sostenuto tale decisione. Ma altre coeve sentenze l’avevano smentita, facendo perno sull’argomento per cui venendo in considerazione un conflitto tra una norma statale sopravvenuta e una norma regionale antecedente, quest’ultima non poteva che resistere all’interno del proprio ordinamento.

Nella prassi, nessuno osava mettere in discussione la permanenza del silenzio assenso.

La sentenza n. 155 del 2021 della Corte Costituzionale ha liquidato la questione, dando priorità alla normativa nazionale sopravvenuta.

In ogni caso, l’art. 20 della L. 241/1990 era entrato nel nostro ordinamento in quanto recepito espressamente da una legge regionale (L. n. 5/2011); in tal senso il conflitto si era trasformato in legge regionale speciale precedente versus legge regionale generale successiva.

Il dubbio sulla prevalenza del criterio di specialità o del criterio cronologico assume oggi una valenza astratta, perché la successiva sentenza della Corte ha comunque chiarito che c’è un argomento più forte per dirimere la diatriba.

2.

L’art. 8 comma 6 comma della L.R. 5/2019

La norma stabilisce che “trascorsi sessanta giorni senza che la Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali abbia adottato il provvedimento richiesto si forma il silenzio assenso”. Essa si riferisce agli interventi edilizi minori disciplinati dal Dpr 31 del 2017, per come recepiti in Sicilia.

La sentenza n. 160/2021 della Corte Costituzionale (su ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri) l’ha dichiarata incostituzionale, per le seguenti ragioni.

Il contrasto sottoposto alla Corte era quello fra la disposizione regionale impugnata e l’art. 11, comma 9, del d.P.R. n. 31 del 2017, il quale, richiamando espressamente gli artt. 146 e 149 cod. beni culturali, riferisce la formazione tramite silenzio assenso al solo parere vincolante del soprintendente, tenendo ferma la necessità di un provvedimento espresso dell’amministrazione a conclusione del procedimento: “per quanto la citata norma regolamentare non costituisca, per la sua posizione nella gerarchia delle fonti, strumento normativo idoneo a veicolare le grandi riforme economico-sociali (sentenza n. 207 del 2012, in relazione al precedente regolamento di cui al d.P.R. n. 139 del 2010), essa costituisce senza dubbio espressione dei principi enunciati dalla legge, in particolare dagli artt. 146 e 149 cod. beni culturali, che, come visto, costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale idonee a vincolare anche la potestà legislativa regionale primaria. Ciò che viene in rilievo è, in particolare, l’esclusione del silenzio assenso per i provvedimenti in materia di tutela del paesaggio ad opera dell’art. 146 cod. beni culturali, che prevede invece, al comma 10, appositi rimedi sostitutivi nel caso di inerzia dell’amministrazione procedente. Tale esclusione si pone in linea con il principio generale stabilito all’art. 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990, che vieta la formazione per silentium del provvedimento conclusivo nei procedimenti implicanti la tutela di “interessi sensibili”, come è testualmente confermato, d’altro canto, dal comma 9 dello stesso art. 146, là dove, nel prevedere che con norme regolamentari siano stabilite procedure autorizzatorie semplificate per gli interventi di lieve entità, tiene «ferme […] le esclusioni di cui [all’articolo] 20, comma 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni. Introducendo una regola contrastante con una norma fondamentale di riforma economico-sociale della legislazione statale, la Regione Siciliana ha superato i limiti della propria competenza primaria in materia di tutela del paesaggio ai sensi dell’art. 14, lettera n), dello statuto speciale. Si deve dunque dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2019.”

Dunque, il problema vero è sorto dal fatto che in Sicilia (diversamente che in Italia) il parere della Soprintendenza chiude il procedimento paesaggistico; e dunque, se lo stesso avesse avuto valore solo endoprocedimentale (e cioè destinato a fornire supporto per il successivo provvedimento che definisce il procedimento, come in Italia) il silenzio assenso poteva rimanere. Poichè invece (in Sicilia) non sono previsti ulteriori provvedimenti dopo il parere della Soprintendenza (che è l’unico atto emesso con valenza di autorizzazione) appare incostituzionale la possibilità che un valore supremo quale quello del paesaggio venga inciso da una decisione non espressa.

Se ne desume chiaramente che ove l’art. 46 della L.R. 17/2004 fosse risultato non abrogato, sarebbe stato dichiarato incostituzionale per le stesse ragioni.

Ora, mentre la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 8 comma 6 della L. R. 5/2019 non crea grossi problemi per i procedimenti definitamente chiusi prima della data di deposito della sentenza, gravi problematiche applicative pone la tesi della abrogazione dell’art. 46 della L.R. 17/2004.

Partendo dal presupposto che l’ignoranza della legge non scusa, in teoria nessun affidamento può salvaguardare chi si è avvalso di tale norma.

Le dirompenti conseguenze che ne derivano impediscono al momento di fare previsioni sul futuro.

Intanto, con ordinanza cautelare n. 587 del 21 settembre scorso il Tar Palermo si è già adeguato alle posizioni della Corte Costituzionale.

Avv. Vittorio Fiasconaro

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Vittorio Fiasconaro

Di Vittorio Fiasconaro

Laureato nel 1991, consegue il dottorato di ricerca in Filosofia del Diritto nel 1997. Nel 1994 si iscrive all’Albo. Dal 1996 al 2007 dirige, dopo aver vinto il concorso, l’Ufficio Legale del Comune di Pantelleria (TP) e poi quello del Comune di Bagheria (PA). Dal 2004 al 2011 insegna Diritto Amministrativo e Diritto Processuale Amministrativo alla Scuola Sant’Alfonso di Palermo. Nel 2009 si iscrive all’Albo degli avvocati esercenti innanzi alla Corte di Cassazione. Oggi fa parte del Foro di Termini Imerese. Ha al suo attivo centinaia di giudizi in cui si e’ costituito dinanzi alla Giurisdizione Amministrativa.