L’usufruttuario è legittimato a presentare una istanza di sanatoria ex art. 36 del d.P.R. 380/2001?

L’usufruttuaria può ben avanzare istanza di concessione in sanatoria (ex art. 36) della casa di abitazione e pertanto impugnare il silenzio-rifiuto formatosi su di essa. Questo è in sintesi il principio di diritto espresso dal Tar Catania nella sentenza n. 1345 emessa il 17.05.2022.

È pacifico che il diritto di usufrutto, in quanto ricomprende anche la possibilità di sfruttare pienamente la potenzialità edificatoria del suolo, costituisca titolo idoneo a legittimare la richiesta di permesso di costruire (T.A.R. Veneto, Venezia, sez. II, 1270/2013).

Riferimenti normativi

Invero, l’art. 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 prevedeva che la “concessione è data dal sindaco al proprietario dell’area o a chi abbia titolo per richiederla” e in termini analoghi definisce la cerchia dei legittimati ad ottenere il rilascio del permesso di costruire l’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (“Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”), oggetto di recepimento dinamico ex art. 1 della citata legge reg. Sic. 10 agosto 2016, n. 16.

In particolare, l’espressione “chi abbia titolo per richiederlo” va intesa nel senso più ampio di una legittima disponibilità dell’area, in base ad una relazione qualificata con il bene, sia essa di natura reale, o anche solo obbligatoria, purché, in questo caso, con il consenso del proprietario (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5115).

A ciò va aggiunto che l’usufruttuario può avanzare domanda di “sanatoria” (id est, di accertamento di conformità) anche quale autore dell’abuso.

In altre parole, l’usufruttuario potrà chiedere la regolarizzazione degli abusi che riscontra nell’immobile, pur non essendone il responsabile e/o l’autore.

Concetto di collegamento qualificato tra l’immobile e un soggetto

Infatti, la platea dei potenziali richiedenti il permesso di costruire in sanatoria si amplia anche a coloro che, pur non avendo un collegamento soggettivamente qualificato con l’immobile, abbiano invece un collegamento con la vicenda generativa dell’abuso e con la possibilità di sanarne gli effetti (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 15.02.2021, n. 502 che richiama T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 1 marzo 2019, n. 410; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 25 settembre 2014, n. 2409).

È stato sottolineato (cfr. T.A.R. Catania, n. 502/2021 cit.) che “la sussistenza del consenso originario alla realizzazione del bene (a proposito del primo procedimento [relativo alla richiesta di permesso di costruire]) appare un fatto differente rispetto a quello della sua regolarizzazione postuma (a proposito del procedimento di sanatoria).

Invero, diversa è l’ottica dei due procedimenti: l’uno (volto al rilascio del previo titolo abilitativo), presuppone necessariamente la verifica della posizione giuridica che consente la legittima esplicazione del ius aedificandi e, come tale, sottende un rapporto qualificato di disponibilità con l’immobile; l’altro (volto al rilascio del titolo in sanatoria), presuppone, invece, un abuso commesso e, quindi, ben può riferirsi – come è paradigmatico dell’illecito – anche ad un collegamento soggettivamente qualificato non già con l’immobile, bensì con la vicenda generativa dell’abuso e con la possibilità di sanarne gli effetti”.

È stato quindi osservato che “in quanto artefice delle opere non consentite (ma conformi, comunque, alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione delle opere che al momento della richiesta della sanatoria), il “responsabile dell’abuso” è legittimato – anche per non incorrere nel regime sanzionatorio – ad avanzare la dichiarazione di conformità e conseguire il relativo titolo, salvi restando, naturalmente, i diritti dei terzi (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 1 marzo 2019, n. 410; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 25 settembre 2014, n. 2409)”.

Conclusioni

In conclusione, l’usufruttuario è (doppiamente) legittimato a impugnare il silenzio diniego in quanto ha una relazione di natura reale con il bene (essendo usufruttuario); inoltre, nel caso in cui sia l’autore degli abusi, è altresì legittimato a presentare istanza di sanatoria ex art. 36, avendo interesse a non incorrere nel regime sanzionatorio, salvi i diritti dei terzi (cfr. art. 22, comma terzo, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e oggi art. 45, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, che prevede che il rilascio in sanatoria del permesso di costruire estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti).

Criteri di interpretazione e di applicazione dell’art. 36.

Chiarito tale aspetto, si coglie l’occasione per definire l’ambito di applicazione dell’art. 36 in commento.

Ai sensi del menzionato art. 36 d.p.r. n. 380/2001, ove il Comune non si pronunci espressamente entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento dell’istanza, la stessa s’intende respinta. Su quest’ultima si forma infatti una fattispecie tipica, prevista dal legislatore, di silenzio-diniego, il quale va impugnato dall’interessato in sede giurisdizionale per il tramite dell’azione di annullamento, alla stregua di un provvedimento esplicito, con la differenza però che il diniego, in quanto tacito, non è censurabile per difetto di motivazione, di cui è strutturalmente carente per previsione legislativa, ma solo adducendo ragioni di diritto tese a comprovare la sanabilità degli abusi (cfr. Tar Catania sent. 1345/2022).

Silenzio diniego

Allo stesso modo, del silenzio-diniego non sono contestabili gli altri difetti formali propri degli atti, quali i vizi del procedimento, la mancanza di pareri o del preavviso dei motivi ostativi all’accoglimento (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 22 agosto 2016, n. 4088; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 11 giugno 2020, n. 6394).

Infatti, la stessa previsione normativa del silenzio-diniego è giustificabile ove si consideri che l’accertamento di conformità, come evidenziato da costante giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato sez. IV, 5 maggio 2017 n. 2063), è diretto a sanare le opere solo formalmente abusive, in quanto eseguite senza il previo rilascio del titolo, ma conformi nella sostanza alla disciplina urbanistica applicabile per l’area su cui sorgono, vigente al momento sia della loro realizzazione sia della presentazione dell’istanza di conformità (c.d. “doppia conformità“).

Il provvedimento di sanatoria assume, dunque, una connotazione eminentemente oggettiva e vincolata, priva di apprezzamenti discrezionali, dovendo l’autorità procedente valutare la conformità dell’opera alla normativa urbanistica ed edilizia vigente in relazione a entrambi i segmenti temporali considerati dalla norma (ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sentenza 24 ottobre 2017, n. 4940).

Il diritto di difesa dell’interessato, tuttavia, non viene vulnerato nel suo nucleo sostanziale dall’anzidetta limitazione in quanto egli può dedurre (e validamente provare) che l’istanza di sanatoria sia meritevole di accoglimento per la sussistenza della prescritta doppia conformità urbanistica delle opere abusivamente realizzate (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 31 gennaio 2022, n. 672).

Avv. Antonino Cannizzo

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Antonio Cannizzo

Di Antonio Cannizzo

Nasce a Palermo nel 1987 e dopo la maturità Classica si laurea nel 2014 presso l’università degli studi di Palermo, presentando una tesi dal titolo “Le misure precautelari minorili”. Abilitato all’esercizio della professione di Avvocato è regolarmente iscritto all’Albo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Termini Imerese ed è Titolare di uno Studio Legale in Bagheria. Nel 2020, insieme all'Avv. Fiasconaro, fonda il blog "Urbanistica in Sicilia". Nel 2021 consegue un master di 1° livello in diritto processuale amministrativo discutendo una tesi dal titolo "Danno da affidamento procedimentale e i profili di giurisdizione".